Annegamento in acqua salata o piscina: trattamento e primo soccorso

Con “annegamento” in medicina ci si riferisce ad una forma di asfissia acuta causata da causa meccanica esterna all’organismo, determinata dal fatto che lo spazio alveolare polmonare – normalmente occupato da gas – viene progressivamente occupato da un liquido (ad esempio acqua salata nel caso di allegamento in mare o acqua clorata in caso di annegamento in piscina)

Il liquido viene introdotto nei polmoni attraverso le vie aeree superiori, ciò avviene ad esempio quando il soggetto perde completamente i sensi e finisce al di sotto del livello del liquido, oppure quando è cosciente ma viene spinto al di sotto del livello del liquido da una forza esterna (ad esempio un’onda o le braccia di un assalitore) ed esaurisce l’aria nei polmoni con espirazione PRIMA di tornare in superficie.

L’annegamento – potenzialmente mortale in pochi minuti – non è però sempre fatale: in alcuni casi può essere trattato con successo con opportune manovre di rianimazione.

La morte per annegamento è stata storicamente usata come pena capitale da applicare in caso di alcuni reati, ad esempio il reato di tradimento nel Medioevo.

IMPORTANTE: se un vostro caro è stato vittima di annegamento e non avete idea su cosa fare, contattate per prima cosa immediatamente i soccorsi chiamando il 112.

La gravità dell’annegamento viene distinta in 4 gradi:

1° grado: la vittima non ha inalato liquidi, ventila bene, ha una buona ossigenazione cerebrale, non presenta turbe della coscienza, riferisce benessere;

2° grado: la vittima ha inalato liquidi in misura lieve, sono rilevabili rantoli crepitanti e/o broncospasmo, ma la ventilazione è adeguata, la coscienza è integra, il paziente manifesta ansia;

3° grado: la vittima ha inalato discrete quantità di liquidi, presenta rantoli, broncospasmo e distress respiratorio, sviluppa ipossia cerebrale con sintomi che vanno dal disorientamento all’aggressività, allo stato soporoso, sono presenti aritmie cardiache;

4° grado: la vittima ha inalato una quantità tale di liquidi o è rimasto in stato ipossico fino ad arrivare all’arresto cardiaco ed al decesso.

IMPORTANTE: i sintomi più gravi di annegamento si verificano quando la quantità di acqua inalata supera i 10 ml per chilogrammo di di peso corporeo, cioè mezzo litro d’acqua per un soggetto che pesa 50 chilogrammi o 1 litro se pesa 100 chilogrammi: se la quantità di acqua è inferiore, i sintomi sono generalmente moderati e transitori.

Annegamento secondario

Con “annegamento secondario” si intende la comparsa di complicazioni alle vie respiratorie ed ai polmoni dopo un caso di annegamento, anche dopo vari giorni dall’evento, causato dall’accumulo di acqua depositata nei polmoni.

All’inizio l’edema polmonare non causa particolari problemi, ma dopo qualche ora o persino qualche giorno, può provocare la morte.

E’ importante ricordare che l’acqua clorata della piscina contiene molti composti chimici: se vengono ingeriti e restano nei polmoni, provocano irritazione e infiammazione, specie per i bronchi.

Ricordiamo infine che, dal punto di vista microbiologico, l’inalazione di acqua dolce è particolarmente pericolosa a causa dell’elevata possibilità di ingerire virus, batteri ed altri patogeni.

Annegamento a secco

Con “annegamento a secco” si intende la comparsa di complicazioni alle vie respiratorie ed ai polmoni dopo un caso di annegamento, anche dopo vari giorni dall’evento, causato dal laringospasmo.

L’organismo e il cervello “sentono” erroneamente che sta per entrare dell’acqua tramite le vie aeree, così provocano lo spasmo della laringe per farla chiudere ed impedire l’ipotetica entrata del liquido, fatto che però provoca anche la mancata entrata dell’aria nell’organismo, portando a volte alla morte per annegamento pur senza essere immersi nell’acqua.

Morte per annegamento

La causa di morte in un annegamento è l’ipossiemia che porta ad ipossia acuta che determinata alterata funzione soprattutto a livello cerebrale e miocardico con perdita di coscienza, insufficienza cardiaca destra ed arresto cardiaco.

Contemporaneamente si verifica ipercapnia (aumento della concentrazione di anidride carbonica nel sangue) ed acidosi metabolica.

L’ipossiemia è a sua volta determinata dall’ingresso di acqua nei polmoni e/o dal laringospasmo (chiusura dell’epiglottide, che impedisce l’entrata dell’acqua, ma anche dell’aria).

Diffusione

In Italia ogni anno i casi gravi di incidenti in acqua sono circa 1000, con una mortalità che si avvicina al 50%.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ogni anno in Europa muoiono circa 5.000 bambini nella fascia di età tra 1 e 4 anni e, in tutto il mondo, sono circa 175.000 i decessi dovuti all’annegamento nei primi 17 anni di vita.

La morte per annegamento va distinta dalla morte improvvisa da immersione, causata da traumi, sincopi cardiache riflesse, soffocamento da vomito e squilibri termici.

Morte per annegamento: segni e sintomi

Il decesso per annegamento viene preceduto da quattro stadi:

1) Stadio della sorpresa: dura pochi secondi ed è caratterizzato da una inspirazione rapida ed il più possibile profonda, prima che l’individuo vada sott’acqua.

Si verifica inoltre:

  • tachipnea (aumento della frequenza respiratoria);
  • tachicardia;
  • ipotensione arteriosa (“pressione bassa”);
  • cianosi (pelle bluastra);
  • miosi (restringimento del diametro della pupilla dell’occhio).

2) Stadio della resistenza: dura circa 2 minuti ed è caratterizzato da apnea iniziale, durante la quale l’individuo impedisce la penetrazione di liquido nei polmoni tramite espirazione e si agita cercando di riemergere, tipicamente allungando le mani sopra la testa in direzione della superficie dell’acqua.

In tale fase si verificano progressivamente:

  • apnea;
  • panico;
  • movimenti rapidi nel tentativo di riemergere;
  • ipercapnia;
  • ipertensione arteriosa;
  • elevato rilascio in circolo di adrenalina;
  • tachicardia;
  • obnubilamento della coscienza;
  • ipossia cerebrale;
  • convulsioni;
  • riduzione dei riflessi motori;
  • alterazione sensoriale;
  • rilasciamento sfinteriale (possono essere involontariamente rilasciate feci e/o urina).

Quando il soggetto esaurisce l’aria nei polmoni tramite spirazione, l’acqua penetra lungo le vie respiratorie provocando un’apnea causata dalla chiusura dell’epiglottide (laringospasmo), una reazione finalizzata a proteggere l’apparato respiratorio dall’acqua ma che impedisce anche il passaggio dell’aria.

L’ipossia e l’ipercapnia stimolano successivamente i centri nervosi al fine di far riprendere la respirazione: in tal modo avviene un’improvvisa apertura della glottide con conseguente ingresso di notevole quantità d’acqua nei polmoni, impedimento degli scambi gassosi, alterazione del surfattante, collasso alveolare e sviluppo di atelettasie e shunts.

3) Stadio della fase apnoica o “della morte apparente”: dura circa 2 minuti, in cui i tentavi di riemersione, vani, si riducono fino a che il soggetto rimane immobile.

Tale stadio è caratterizzato progressivamente da:

  • arresto definitivo del respiro;
  • miosi (restrizione della pupilla);
  • perdita di coscienza;
  • rilasciamento muscolare;
  • severa bradicardia (battito cardiaco lento e debole);
  • coma.

4) Stadio terminale o “del boccheggiamento”: dura circa da 1 minuto ed è caratterizzato da:

  • proseguimento della perdita di coscienza;
  • aritmia cardiaca severa;
  • arresto cardiaco;
  • morte.

L’anossia, l’acidosi e gli squilibri elettrolitici ed emodinamici derivanti dall’asfissia determinano disturbi del ritmo fino all’arresto cardiaco ed al decesso.

In quanto tempo si muore?

Il tempo in cui sopraggiunge la morte è estremamente variabile in virtù di svariati fattori come età, stato di salute, stato di forma e modalità di asfissia.

Un soggetto anziano, sofferente di diabete, ipertensione ed enfisema polmonare, in caso di annegamento e relativo soffocamento, può perdere i sensi e morire in meno di un minuto, così come un bimbo che soffre di asma bronchiale.

Un individuo adulto, in forma, abituato agli sforzi prolungati (pensiamo ad un atleta professionista o ad un sub) in caso di soffocamento può invece impiegare diversi minuti a perdere i sensi e morire (anche oltre 6 minuti), tuttavia nella maggioranza dei casi il decesso avviene in un tempo variabile che oscilla tra circa 3 e 6 minuti totali, in cui si alternano le 4 fasi descritte nel paragrafo precedente.

In genere il soggetto rimane cosciente in apnea circa 2 minuti, successivamente perde coscienza e rimane incosciente altri 3 – 4 minuti prima di morire.

Annegamento in acqua dolce, salata o clorata

Esistono principalmente tre tipologie di acqua in cui si verifica annegamento: dolce, salata o clorata.

Ogni tipo di acqua determina una reazione diversa nell’organismo.

Annegamento in acqua salata:

L’acqua salata è tipica degli ambienti marini e possiede una pressione osmotica 4 volte superiore a quella del plasma; tale ipertonicità è legata alla presenza di sali minerali quali sodio, cloro, potassio e magnesio.

Per ripristinare la normale omeostasi si viene quindi a creare un movimento di acqua dal capillare all’alveolo polmonare, determinando in questo modo emoconcentrazione, ipernatriemia e ipercloremia.

In questo modo vi è una diminuzione del volume ematico circolante e, a livello polmonare, gli alveoli vengono inondati di liquido causando un edema polmonare diffuso.

L’ipossia locale, inoltre, favorisce la vasocostrizione polmonare aumentando le pressioni vascolari polmonari, alterando il rapporto ventilazione/perfusione e riducendo la compliance polmonare e la capacità funzionale residua;

Annegamento in acqua dolce:

L’acqua dolce è tipica degli ambienti fluviali e lacustri e possiede una pressione osmotica pari alla metà di quella del sangue.

Grazie a questa ipotonicità è in grado di attraversare la barriera alveolo-capillare e passare dunque nel circolo venoso polmonare causando ipervolemia, emodiluizione e iponatremia.

Questo passaggio può portare a far raddoppiare il volume circolante.

Si instaura quindi una riduzione della pressione osmotica del sangue dando origine ad emolisi degli eritrociti e iperkaliemia.

Entrambi questi effetti sono potenzialmente gravi per l’organismo: mentre l’aumento del potassio circolante può portare ad aritmie cardiache maligne (fibrillazione ventricolare), l’emoglobinuria derivante dall’emolisi può portare a insufficienza renale acuta.

L’acqua dolce inoltre danneggia gli pneumociti di II tipo e denatura il surfattante favorendo il collasso alveolare e la formazione di atelettasie polmonari.

Questo processo conduce rapidamente a uno stravaso di liquidi a livello polmonare che determina l’insorgenza di edema polmonare con conseguente riduzione della compliance polmonare, aumento dello shunt intrapolmonare ed alterazione del rapporto ventilazione/perfusione.

Da un punto di vista microbiologico questo tipo di inalazione è inoltre il più pericoloso, per l’elevata possibilità di ingerire virus, batteri ed altri patogeni;

Annegamento in acqua clorata:

L’acqua clorata è tipica delle piscine ed è molto pericolosa a causa degli effetti delle basi forti (clorati) usati per la pulizia dell’acqua e degli ambienti.

La loro inalazione, difatti, provoca una grave irritazione chimica degli alveoli polmonari con un conseguente blocco della produzione del surfactante necessario per mantenere i polmoni ventilati.

In questo modo si viene a creare una drastica riduzione delle aree polmonari di scambio con conseguenti collasso e atelettasie polmonari.

Da un punto di vista prognostico questo tipo di inalazione è il peggiore, determinando il decesso in un numero più elevato di casi.

Caratteristica comune di tutti e tre i tipi di acqua (pur se meno frequente nelle piscine) è che l’annegamento spesso comporta la permanenza in acque a bassa temperatura, favorendo in questo modo lo sviluppo di ipotermia, che nei bambini è favorito, specie se molto magri a causa del ridotto grasso sottocutaneo.

Quando la temperatura centrale raggiunga valori inferiori ai 30 °C avvengono delle manifestazioni fisiopatologiche potenzialmente letali: la frequenza cardiaca, la pressione arteriosa e l’attività metabolica dell’organismo diminuiscono progressivamente con comparsa di asistolia o fibrillazione ventricolare;

Annegamento: cosa fare?

Il primo soccorso è influenzato da vari fattori e rappresenta certamente un vero e, nei casi più gravi, rappresenta un vero e proprio bivio tra la sopravvivenza ed il decesso del soggetto annegato.

Il soccorritore dovrà:

  • agire in modo rapido;
  • recuperare la persona e rimuoverla dal liquido (attenzione perché una persona che sta annegando in acqua, nel tentativo di sopravvivere, potrebbe spingere il soccorritore stesso sott’acqua);
  • eseguire una valutazione dello stato di coscienza del soggetto, controllando la pervietà delle vie aeree (eventuale presenza di muco, alghe, sabbia), la presenza di respirazione e la presenza di battito cardiaca;
  • se necessario, iniziare la rianimazione cardiopolmonare;
  • fare attenzione nello spostamento della vittima: in caso di dubbio dovrebbe essere sempre sospettata la presenza di un trauma spinale;
  • garantire un’adeguata ventilazione, facendo allontanare gli astanti;
  • mantenere un’adeguata temperatura corporea della vittima, asciugandola se ancora bagnata;
  • trasportare in ospedale la vittima.

Il 112 deve essere chiamato al più presto, avvertendo l’operatore della gravità della situazione.

Il trattamento medico dell’annegato ha l’obiettivo di:

  • supportare e monitorare le funzioni vitali;
  • correggere le alterazioni organiche;
  • prevenire le complicanze precoci e tardive.

A tale scopo sono importanti:

  • il mantenimento degli scambi gassosi mediante assistenza respiratoria con ventilazione a pressione positiva;
  • l’ottimizzazione emodinamica attraverso la correzione della volemia mediante somministrazione di liquidi, plasma expanders, plasma, albumina, sangue e, se indicato, cardiocinetici;
  • la correzione dell’eventuale ipotermia.

Per gestire le complicanze precoci sono importanti:

  • l’evacuazione dell’acqua contenuta nello stomaco;
  • la prevenzione delle necrosi tubulare acuta in presenza di emolisi;
  • la profilassi antibiotica;
  • il trattamento degli squilibri idroelettrolitici ed acido-base;
  • il trattamento del trauma o dei traumi (ad esempio ferite o fratture ossee).

Le possibili complicanze tardive in caso di annegamento sono:

  • polmonite da aspirazione;
  • ascesso polmonare;
  • mioglobinuria ed emoglobinuria;
  • insufficienza renale;
  • sindrome da distress respiratorio (ARDS);
  • encefalopatia ischemico-anossica (danni all’encefalo da mancato  afflusso di sangue/ossigeno);
  • coagulopatie;
  • sepsi.

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Fonte dell’articolo:

Medicina Online

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