COVID-19, idrossiclorochina aumenta i decessi? Uno studio su Lancet suggerisce questo e aritmie nei pazienti

Il coronavirus Covid-19 è arrivato come una tempesta nella vita di tutti noi e nella ricerca scientifica. Le strutture sanitarie stanno cercando di comprenderne i confini a tutti i livelli, dalla struttura genetica alla terapia di contrasto. Sovente con risultati altalenanti. E’ questo il caso di clorochina e idrossiclorochina.

 

IDROSSICLOROCHINA E CLOROCHINA NEL TRATTAMENTO DI PAZIENTI COVID-19, LO STUDIO SU LANCET:

I risultati della terapia sono parsi così buoni (articoli di approfondimento in coda) da avvallarne un vasto utilizzo e da prevedere un accreditamento da parte di eminenti medici e scienziati.

Gli ultimi, per capirci, il noto farmacologo Silvio Garattini ed il virologo Fabrizio Pregliasco, che in un’intervista all’agenzia giornalistica italiana AGI ne hanno consigliato un’assunzione preventiva.

“Nonostante nessuna prova conclusiva del loro beneficio”, citando lo studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet sull’argomento.

Già, perché un articolo sull’efficacia di clorochina e idrossiclorochina è di quelli che la pelle d’oca la fanno venire, data la vastità dei pazienti analizzati e le risultanze.

Prima di proseguire, però, un “achtung”: ci stiamo riferendo ad uno studio condotto seriamente, che si inserisce in mezzo a migliaia di studi condotti altrettanto seriamente. Lo studio ha trovato dignità di pubblicazione su una prestigiosa rivista scientifica, una delle decine di riviste scientifiche del settore medico.

Quindi niente allarmismi, ma lettura attenta e oggettiva: keep calm & use DPI.

CLOROCHINA E IDROSSICLOROCHINA IN COVID-19 , IL METODO DELLO STUDIO:

“Il registro comprendeva dati provenienti da 671 ospedali in sei continenti – scrivono i ricercatori di questo studio scientifico, riferendosi al metodo utilizzato -. Abbiamo incluso pazienti ricoverati in ospedale tra il 20 dicembre 2019 e il 14 aprile 2020, con risultati positivi in ​​laboratorio per SARS-CoV-2.

I pazienti che hanno ricevuto uno dei trattamenti di interesse entro 48 ore dalla diagnosi sono stati inclusi in uno dei quattro gruppi (clorochina da sola, clorochina con un macrolido, idrossiclorochina da sola o idrossiclorochina con un macrolide) e i pazienti che non hanno ricevuto nessuno di questi trattamenti hanno costituito il gruppo di controllo.”

Il numero dei pazienti è impressionante, 96 mila persone colpite dal coronavirus e trattate in 671 ospedali nel mondo.

I risultati fanno riflettere: “14.888 pazienti erano nei gruppi di trattamento (1868 ricevuti clorochina, 3783 ha ricevuto clorochina con un macrolite, 3016 ha ricevuto idrossiclorochina e 6221 hanno ricevutovidrossiclorochina con un macrolite) e 81 144 pazienti erano nel gruppo di controllo. Sono deceduti 10698 pazienti (11,1%) in ospedale.”

Il team di ricerca, guidato dal gruppo del Brigham and Women’s Hospital, struttura medica della Harvard Medical School.

COVID-19 , L’ESITO DELLO STUDIO SULL’UTILIZZO DI CLOROCHINA E IDROSSICLOROCHINA:

“Non siamo riusciti a confermare un beneficio dell’idrossiclorochina o della clorochina – recita lo studio -, se usato da solo o con un macrolite, sugli esiti in ospedale per COVID-19.

Ciascuno di questi regimi farmacologici era associato a una riduzione della sopravvivenza in ospedale e una maggiore frequenza di aritmie ventricolari quando usato per il trattamento di COVID-19”.

Sferzante il giudizio di questi ricercatori sui colleghi autori di altre sperimentazioni: “L’uso di idrossiclorochina o clorochina – affermano – in COVID-19 si basa sulla pubblicazione diffusa di piccoli studi incontrollati, che hanno suggerito che la combinazione di idrossiclorochina con macroliti.

L’azitromicina ha in effetti avuto successo nel cancellare la replicazione virale.

Il 28 marzo 2020, la FDA ha emesso un uso di emergenza autorizzazione per questi farmaci nei pazienti in caso di sperimentazione clinica (articolo correlato in coda, ndr), dato che l’accesso non era disponibile.

Altri paesi, come la Cina, hanno pubblicato linee guida che consentono l’uso della clorochina in COVID-19.

Diversi paesi hanno immagazzinato i farmaci e dato che ne erano carenti: per l’approvazione sono state riscontrate indicazioni, come per la malattia autoimmune e l’artrite reumatoide.

Una retrospettiva revisione osservazionale di 368 uomini trattati con COVID-19 negli Stati Uniti ha sollevato preoccupazioni dato che l’uso dell’idrossiclorochina era associato ad un maggior rischio di morte; tuttavia, le caratteristiche di base tra i gruppi analizzati erano diverse e la possibilità di parzialità non può essere esclusa.

Un altro studio osservazionale su 181 pazienti dalla Francia ha riferito che l’uso di idrossiclorochina, alla dose di 600 mg al giorno, non era associato a un beneficio clinico misurabile nei pazienti con polmonite COVID-19.

COVID-19, LE RISULTANZE DELLO STUDIO SULL’UTILIZZO DI CLOROCHINA E IDROSSICLOROCHINA:

I nostri supporti di analisi su larga scala hanno evidenziato l’assenza di un beneficio clinico di clorochina e idrossiclorochina e indica potenziali danni pazienti ospedalizzati con COVID-19.

Sono associate clorochina e idrossiclorochina con preoccupazioni di tossicità cardiovascolare, caratterizzata da prolungamento dell’intervallo QT (il tempo impiegato per la depolarizzazione ventricolare e ripolarizzazione).

Questo meccanismo si riferisce al blocco del canale di potassio hERG, che si allunga, e a ripolarizzazione ventricolare e durata del ventricolare potenziali d’azione.

In condizioni specifiche, le post-depolarizzazioni precoci possono scatenare aritmie ventricolari.

Tale propensione alla provocazione dell’aritmia è maggiore spesso visto in soggetti con problemi cardiovascolari strutturali malattia e lesioni cardiache sono state segnalate con alta frequenza durante la malattia COVID-19 aumentare il rischio di morte cardiaca improvvisa.

In un’analisi preliminare, Borba e colleghi25 hanno riportato uno studio randomizzato in doppio cieco con 81 pazienti adulti che erano ricoverato in ospedale con grave COVID-19 a cure terziarie struttura in Brasile.

Questo studio ha suggerito che un più alto la dose di clorochina rappresentava un pericolo per la sicurezza, specialmente se assunto in concomitanza con azitromicina e oseltamivir”.

Insomma, uno studio che analizza una vasta platea di pazienti COVID-19 e che esige una riflessione attenta da parte della comunità scientifica, chiamata a confermare o smentire con dati alla mano quanto sostenuto da questi ricercatori.

Da questo dibattito dipende, data la diffusione del trattamento a base di clorochina e idrossiclorochina, l’approccio terapeutico applicato all’intera umanità, e quindi per converso la vita di centinaia di migliaia di esseri umani.

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FONTE DELL’ARTICOLO:

ARTICOLO SULLA RIVISTA SCIENTIFICA LANCET

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