SIMEU e PHEM: La formazione in emergenza pre-ospedaliera ha una via tutta italiana

Intervista con Mario Rugna, medico del 118 di Firenze e anima del nuovo progetto di formazione realizzato da SIMEU dedicato a chi si muove in contesti extra-ospedalieri

Un momento del corso pratico con il dott. Giacomo Magagnotti

ROMA – Fine Maggio è stato un periodo davvero fondamentale per la formazione degli operatori in emergenza urgenza. Mentre a Palermo si teneva il convegno della HEMS Association, a Roma la SIMEU organizzava il suo congresso nazionale dove tanti medici e infermieri d’area critica si riunivano per discutere e formarsi sulle tematiche principali della medicina d’emergenza-urgenza. In questo ambito ha fatto il suo esordio sulla scena italiana un metodo formativo e un percorso di crescita che si chiama PHEM, the Italian Way. PHEM sta per Pre-Hospital Emergency Medicine ed è una strada che serve con chiarezza ed estrema precisione l’operatore di area critica che vuole fare un percorso extra-ospedaliero, sia questo rivolto verso il mondo dell’ambulanza che verso quello dell’elisoccorso. Di questo progetto abbiamo parlato con una voce indipendente ed autorevole, quella del dottor Mario Rugna, formatore della centrale 118 di Firenze, medico di emergenza-urgenza che opera a bordo dell’elisoccorso Pegaso 1, in automedica ed in Centrale operativa nel territorio fiorentino.

L’allestimento dei manichini SALAD,di intubati.org

“Il progetto PHEM nasce da tante persone che collaborano e contribuiscono con passione e con tanta competenza. Prima di tutto però nasce da una visione condivisa con SIMEU e grazie a Fabio de Iaco, responsabile formazione SIMEU che ha creduto in noi fin dall’inizio e continua a supportarci. Al progetto danno un contributo fondamentale Giacomo Magagnotti, Federica Stella, Francesco Patrone e Carmine della Vella. Siamo tutti professionisti che hanno avuto esperienze e collaborazioni all’estero, in particolare Federica a New York, Giacomo nella Sidney HEMS e Carmine con Jim DuCanto e gli altri partner internazionali con cui collabora. E’ dalla visione un po’ più allargata del mondo dell’emergenza che abbiamo individuato la necessità di migliorare la formazione nel nostro settore, perché abbiamo delle specifiche che devono essere portate avanti nel miglior modo possibile.

Su cosa vi siete concentrati maggiormente?

“L’obiettivo durante il congresso SIMEU è stato quello di approfondire i percorsi più importanti per il medico di emergenza urgenza che sia intra o extra-ospedaliero. Percorsi tematici sulle competenze tecniche, in particolare sulla gestione delle vie aeree, dall’intubazione all’accesso chirurgico alla S.A.L.A.D, della toracostomia ma anche percorsi clinici come l’insufficienza respiratoria e la sindrome coronarica acuta. Lo strumento che abbiamo utilizzato è stato quello dei modelli biologici per gli skill tecnici e della simulazione in alta fedeltà per i percorsi clinici. Ci siamo posti come obiettivo quello di trasmettere prima di tutto la voglia di imparare ad usare modelli clinici che sfruttano tecnologie all’avanguardia che oggi sono a disposizione dei professionisti, affinché il loro margine di errore si riduca sempre di più. In molti concordano sul fatto che il medico e l’infermiere di emergenza urgenza sono come quei professionisti che devono essere bravissimi e preparati sempre, e non possono sbagliare mai. Noi non possiamo fare una procedura male, perché abbiamo di fronte un paziente, quando arriviamo sul paziente dobbiamo avere già praticato abbastanza da non commettere nessun errore operativo”.

Non c’è però stato spazio solo per il training, avete fatto anche qualche provocazione, dando per morta la laringoscopia…

Si, mi piacciono le provocazioni perché danno stimoli di discussione che tengono svegli e fanno progredire conoscenze e competenze. Abbiamo paragonato la videolaringoscopia e la laringoscopia tradizionale per dire che ormai siamo nel 2018. Se guardiamo una macchina di oggi ed una macchina degli anni 50 vediamo parecchie differenze. Se guardiamo una lama di oggi ed una degli anni 30, invece, di differenze non ce ne sono. Però sono arrivati sul mercato i VL e questi cambiano radicalmente la prospettiva. Insomma bisogna anche cercare di utilizzare e provare le nuove tecnologie perché rappresentano un salto evolutivo nella nostra professione”.

La vostra raccolta di informazioni ha dato dei risultati molto chiari, e interessanti da analizzare. In pochi giorni avete raccolto informazioni sulla pratica nell’uso del laringoscopio tradizionale e di quello a video, scoprendo che la prima scelta è ancora quella “non tecnologica”, giusto?

Si, non è ancora il momento di annunciare la morte della laringoscopia. Ma si sta muovendo qualcosa, stiamo entrando in un’era dove la videolaringoscopia potrà essere la prima scelta. Almeno un terzo degli operatori sta già scegliendo la video-laringoscopia come prima opportunità di accesso alle vie aeree, nell’attività pre-ospedaliera, di emergenza urgenza o di area critica, dove questa tecnologia non è accessibile a tutti, e dove c’è la predominanza dell’insegnamento – nella gestione delle vie aeree – di tecniche per l’uso della laringoscopia diretta. Il mio pensiero è che la laringoscopia diretta deve essere parte della cultura e del bagaglio tecnico di ogni operatore dell’emergenza, e deve essere insegnata ai corsi proprio come preludio ad una pratica clinica dove la tecnologia e l’addestramento permettono di saper usare e scegliere i migliori dispositivi disponibili.

 

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