Shock circolatorio (insufficienza circolatoria): cause, sintomi, diagnosi, cure

Shock circolatorio, uno sguardo d’insieme. Poiché il fine ultimo della circolazione sanguigna è quello di fornire ossigeno ed altri nutrienti vitali agli organi del corpo, l’insufficienza circolatoria si verifica quando questa funzione viene ad essere svolta in modo non efficace

Il paziente è affetto da insufficienza circolatoria o shock, allorquando la circolazione sanguigna non è in grado di soddisfare le richieste metaboliche degli organi vitali come il cervello, il cuore, il rene e così via. In parole semplici: i tessuti hanno bisogno di maggior nutrimento sanguigno rispetto a quello che il corpo riesce a fornirgli ed il tessuto non nutrito in modo adeguato rischia di andare in necrosi, cioè morire.

La necrosi dei tessuti vitali può portare a danni irreversibili ed alla morte del paziente.

Sebbene siano molti i parametri che indicano la presenza di una circolazione subottimale (ad esempio in caso di ipotensione arteriosa), la condizione di shock è presente soltanto qualora sono evidenti i segni della disfunzione degli organi vitali (ad esempio anomalie del sensorio, ridotta produzione di urine).

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Cause e fattori di rischio dello shock circolatorio

Le cause che possono portare allo shock circolatorio sono molte e possono coinvolgere vari sistemi, in particolare – ma non esclusivamente – quello circolatorio.

Lo shock circolatorio può essere la conseguenza di una inadeguata contrattilità cardiaca, oppure dell’insufficienza del tono vascolare (inadeguato post-carico) o ancora dell’ipovolemia (inadeguato pre-carico).

Ad esempio, l’infarto miocardico può causare una inadeguata contrattilità cardiaca che può giungere fino allo shock, in questo caso definito “cardiogeno”.

La sepsi (infezione presente nel flusso sanguigno) può causare, invece, vasodilatazione con riduzione del post-carico e shock circolatorio definito “settico”.

Le emorragie, i traumi o la chirurgia con secondaria disidratazione possono provocare una significativa ipovolemia (riduzione del volume ematico circolante), e tale evenienza può precipitare uno shock ipovolemico se il volume ematico circolante è inadeguato a fronteggiare le richieste metaboliche dell’organismo.

Per realizzarsi tali condizioni è, però, necessaria la perdita di più del 20-25% della massa ematica circolante.

Altre cause di shock comprendono poi quelle patologie che portano alla ostruzione del flusso ematico (ad esempio l’embolia polmonare massiva che causa un aumento del post-carico del ventricolo destro ed un inadeguato pre-carico del ventricolo sinistro), e quelle che alterano la contrattilità miocardica grazie ad una restrizione della funzionalità del cuore (ad esempio la pericardite costrittiva ed il tamponamento pericardico).

Le forme più complesse di shock sono quelle causate dalla maldistribuzione del flusso ematico

Questa categoria di insufficienza circolatoria comprende lo shock settico, lo shock tossico, lo shock anafilattico e lo shock neurogeno. In ciascuna di queste condizioni si osserva una diminuzione della perfusione agli organi vitali secondaria alla perdita delle resistenze periferiche derivante dalla vasodilatazione e dall’ipotensione.

Di questi differenti tipi di shock secondari a insufficienza del tono vascolare, la forma più comune è costituita dallo shock settico: esso determina una sindrome che colpisce il cuore, l’apparato vascolare e la maggior parte degli organi corporei.

Sebbene la causa più comune di shock settico sia costituita dalle infezioni causate dai batteri gram-negativi, un gran numero di microrganismi può causare tale sindrome grazie al rilascio di tossine nel torrente ematico.

Il ruolo del metabolismo costituisce un punto importante da prendere in considerazione nella valutazione dei  pazienti con insufficienza circolatoria.

Infatti, qualunque condizione che aumenta il metabolismo di questi pazienti, potrà potenzialmente aumentare l’incidenza e la severità dello shock.

Ad esempio, la febbre aumenta il consumo di ossigeno e può, pertanto, portare alla comparsa di uno shock circolatorio nei pazienti con funzione cardiaca marginale.

Classificazione dello shock circolatorio

Lo shock viene classificato in due grandi gruppi: quello che è causato dalla diminuzione della gittata del cuore e quello che dipende dalla diminuzione delle resistenze periferiche totali.

Ogni tipologia include vari sottogruppi:

1) Shock da diminuzione della gittata cardiaca

  • Shock cardiogeno;
  • miogeno
  • da infarto miocardico;
  • da cardiomiopatia dilatativa;
  • meccanico
  • da insufficienza mitralica grave;
  • da difetti del setto interventricolare;
  • da stenosi aortica;
  • da cardiomiopatia ipertrofica;
  • aritmico.
  • Shock ostruttivo;
  • tamponamento pericardico;
  • tromboembolia polmonare massiva;
  • mixoma atriale (tumore del cuore);
  • trombo a palla (trombo sferico che occlude in modo intermittente una valvola cardiaca, spesso quella che collega l’atrio sinistro del cuore con il ventricolo sinistro, cioè la valvola mitralica);
  • PNX iperteso (pneumotorace iperteso).
  • Shock ipovolemico;
  • shock ipovolemico emorragico (l’ipovolemia è causata da copiosa perdita ematica interna o esterna);
  • shock ipovolemico non emorragico
  • da disidratazione severa;
  • da perdite gastroenteriche;
  • da ustioni;
  • da danni renali;
  • da farmaci diuretici;
  • da iposurrenalismo;
  • da febbre;
  • da sudorazione abbondante.

2) Shock da diminuzione delle resistenze periferiche totali (shock distributivo)

  • shock settico (con la variante “shock tossico”);
  • shock allergico (anche chiamato “shock anafilattico”);
  • shock neurogeno;
  • shock spinale.

Fisiopatologia dello shock circolatorio

La maggioranza degli organi è interessata dalle conseguenze dell’insufficienza circolatoria.

La ridotta perfusione cerebrale porta, infatti, inizialmente alla diminuzione delle funzioni cognitive e della vigilanza, e, successivamente, all’insorgenza di uno stato comatoso.

In risposta ad un’inadeguata circolazione sanguigna, si osserva a livello renale una riduzione della diuresi, mentre la cute diviene tipicamente fredda e umida, in quanto viene a ridursi la circolazione periferica, nel tentativo di preservare il flusso ematico agli organi vitali.

Lo shock può anche alterare il sistema della coagulazione e portare alla comparsa della coagulazione intravascolare disseminata (CID), complesso problema di interesse medico che ha come conseguenza la comparsa di emorragie causate dal consumo di piastrine e fattori della coagulazione.

Nell’insufficienza circolatoria sono colpiti anche i polmoni, il problema circolatorio è influenzato però dal tipo di shock presente.

Infatti, quando la causa è l’insufficienza contrattile del ventricolo sinistro (ridotta contrattilità), il sangue ristagna nella circolazione polmonare causando edema polmonare, questa condizione è pertanto nota come scompenso cardiaco congestizio.

Quando invece lo shock è dovuto alla perdita del tono vascolare o all’ipovolemia, le conseguenze polmonari sono minime, eccetto che nei casi più gravi in cui l’ipoperfusione polmonare porta alla comparsa della sindrome da distress respiratorio dell’adulto (ARDS).

Sintomi e segni di uno shock circolatorio

Lo shock determina, di solito, un quadro clinico simile nella maggior parte dei pazienti, indipendentemente dalla sua eziopatogenesi.

I pazienti in shock presentano solitamente ipotensione arteriosa, tachipnea e tachicardia.

I polsi periferici sono tipicamente deboli o “filiformi” in seguito alla riduzione della gittata ventri colare sistolica.

Sono presenti, inoltre, i segni di disfunzione d’organo che comprendono l’oliguria (ridotta produzione di urine), le alterazioni del sensorio e l’ipossemia.

In seguito dal rilascio di epinefrina, che causa vasocostrizione periferica nel tentativo di compensare l’ipotensione, la cute spesso appare fredda e sudata.

Nelle forme gravi di shock si osserva spesso la comparsa di acidosi metabolica, indice questo dell’attivazione del  metabolismo anaerobio secondario al mancato apporto di ossigeno ai tessuti periferici.

Tale alterazione metabolica si accompagna, spesso (ma non sempre), ad una riduzione della tensione di ossigeno nel sangue venoso misto (PvO2) e ad un aumento del lattato sierico che è il prodotto finale del metabolismo anaerobio.

La riduzione della PvO2, avviene, invece, perché i tessuti periferici estraggono, per compensare la riduzione della gittata cardiaca, una quantità di ossigeno superiore al normale dal sangue che li attraversa a bassa velocità.

Nei pazienti in shock è utile la valutazione degli elettroliti sierici, in quanto significative alterazioni degli stessi (ad es. ipopotassiemia) possono contribuire alla compromissione delle condizioni cardiocircolatorie e possono essere facilmente corrette.

La valutazione degli elettroliti è anche utile nel calcolo della differenza di anioni (“anion gap”) che  permette di evidenziare la comparsa di acidosi lattica secondaria alla produzione di acido lattico di origine anaerobia.

Per il calcolo dell’anion gap bisogna sommare il valore del cloro (Cl-) e dei bicarbonati (HC03), sottraendo poi a tale somma il valore del sodio (Na+).

I valori normali sono 8-16 mEq/L. In pazienti in shock, valori superiori a 16 mEq/L indicano che lo shock è più severo ed è causa di acidosi lattica.

Nei pazienti con insufficienza del tono vascolare periferico (ad es. shock settico, shock tossico) sono tipicamente presenti febbre o ipotermia e leucocitosi.

Poiché i pazienti con shock da maldistribuzione mostrano una vasodilatazione periferica, le loro estremità possono rimanere calde e rosee nonostante lo scarso apporto ematico agli organi vitali.

Il monitoraggio emodinamico dei pazienti affetti da shock settico in fase iperdinamica, mostra un aumento della gittata cardiaca, una riduzione delle resistenze vascolari periferiche ed una bassa o normale PCWP

La PaO2, dei pazienti con shock settico può, pertanto, essere normale nonostante l’inadeguata ossigenazione periferica tissutale.

La normalità di questo parametro nei pazienti affetti da shock settico è probabilmente dovuta ad un ridotto utilizzo periferico dell’ossigeno ed alla presenza di shunt periferici artero-venosì.

Nelle fasi successive, poi, il miocardio va spesso incontro a depressione funzionale per cui la gittata cardiaca tende a ridursi.

I pazienti affetti da shock ipovolemico, invece, presentano tipicamente una scarsa perfusione alle estremità, il che causa la comparsa di un lento riempimento capillare, cianosi periferica e dita fredde.

In questo tipo di pazienti il monito raggio emodinamico evidenzia la riduzione delle pressioni di riempimento del cuore (bassa CVP e PCWP), una bassa gittata cardiaca ed elevate resistenze vascolari sistemiche.

Nello shock ipovolemico, inoltre, si osserva la riduzione della diuresi in quanto i reni tentano di conservare i fluidi corporei.

Diagnosi

La diagnosi di uno shock si basa su vari strumenti, tra cui:

  • anamnesi;
  • esame obiettivo;
  • esami di laboratorio;
  • emocromo;
  • emogasanalisi;
  • TAC;
  • coronarografia;
  • angiografia polmonare;
  • elettrocardiogramma;
  • radiografia del torace;
  • ecocardiogramma con colordoppler.

Anamnesi ed esame obiettivo sono importanti e devono essere eseguiti molto rapidamente.

In caso di paziente senza conoscenza, l’anamnesi si può servire dell’aiuto dei familiari o di amici, se presenti.

All’esame obiettivo il soggetto con shock si presenta spesso pallido, con la cute fredda e umida, tachicardico, con polso carotideo ridotto, con funzionalità renale alterata (oliguria) e con lo stato di coscienza compromesso.

Durante la diagnosi, servirà assicurare la pervietà delle vie aeree nei pazienti con turbe alla coscienza, mettere il soggetto in posizione antishock (supina), coprire l’infortunato, senza farlo sudare, per prevenire lipotimia e quindi un ulteriore aggravamento delle stato di shock.

Nello shock, l’elettrocardiogramma (ECG) mostra più frequentemente tachicardia, sebbene sia possibile evidenziare, quando la perfusione coronarica è inadeguata, anomalie del ritmo cardiaco.

Quando ciò avviene, infatti, è possibile la comparsa di sopra- o sotto-slivellamento del segmento ST o inversione dell’onda T, oppure entrambe queste alterazioni.

Nel prendere in considerazione l’impiego dei farmaci vasopressori per la correzione dell’ipotensione, è necessario, quindi, valutare la presenza di alterazioni del segmento ST e dell’onda T all’ECG, reperti questi che potrebbero suggerire la scarsa tolleranza del cuore allo stiramento determinato dall’aumento del post-carico indotto  dai vasopressori stessi.

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Trattamento nello shock circolatorio

La terapia dei pazienti in stato di shock si compone di pochi presidi generali.

L’ossigenoterapia consente il trattamento dell’ipossiemia e massimizza l’efficienza della circolazione ematica.

L’ossigeno può rendersi necessario, inizialmente, ad elevate concentrazioni (superiori al 40%), specialmente in presenza di edema polmonare.

L’intubazione endotracheale è, invece, necessaria quando il sensorio del paziente è depresso a tal punto da far temere la possibilità di una aspirazione endotracheale.

La ventilazione meccanica si rende spesso indispensabile nel trattamento del paziente in shock, così da ridurre il consumo di ossigeno dei muscoli respiratori e le richieste dell’apparato circolatorio, oltre che nel trattamento dell’insufficienza respiratoria.

La ventilazione meccanica è maggiormente utile nell’eventualità in cui non sia probabile una rapida normalizzazione (ad es. shock settico) delle condizioni cliniche ed in presenza di una insufficienza respiratoria.

L’uso della pressione positiva tele-espiratoria (PEEP) può rendersi, infine, necessario quando la PaO2, è inferiore a 60 mmHg con una FiO2, superiore a 0.50.

Molto importante è, poi, l’attento monitoraggio del paziente in terapia intensiva (ICU).

Pertanto, è necessario posizionare un catetere in arteria polmonare in modo da valutare attentamente la causa del problema circolatorio e monitorare la risposta del paziente alla terapia medica.

In generale, il catetere in arteria polmonare viene utilizzato allorquando sono necessarie, per valutare il paziente e la sua risposta alla terapia, misurazioni della pressione polmonare, della gittata cardiaca oppure della PO, venosa mista.

Nei pazienti in shock ipovolemico riveste invece un ruolo cruciale il rapido reintegro del volume circolatorio (volemia).

Come regola generale, la reintegrazione dei liquidi è necessaria ogni qual volta la pressione arteriosa sistolica è inferiore a 90 mmHg e vi sono segni di disfunzione d’organo (ad esempio anomalie del sensorio).

Quando il paziente ha perso grandi quantità di sangue, il trattamento ideale consiste nella reintegrazione della volemia utilizzando sangue, ma, qualora non vi sia il tempo per effettuare le prove crociate sul sangue da infondere, il supporto circolatorio può essere garantito dalla somministrazione di un plasma-expander (ad es. normale soluzione salina, amido idrossietilico) fino a che non sia disponibile un trattamento definitivo.

La somministrazione di antibiotici e plasma-expander è, invece, essenziale per il trattamento dei pazienti affetti da shock settico.

In questo caso, dovrebbe essere inoltre ricercata anche la potenziale fonte di infezione che può comprendere i punti
di approccio chirurgico, le ferite, i cateteri a permanenza ed i tubi di drenaggio.

L’espansione di volume può essere, inoltre, utile in questo tipo di shock per aumentare la pressione arteriosa, riempiendo così il vuoto creato dalla vasodilatazione  periferica secondaria alla sepsi.

I farmaci vasopressori come la dopamina o la norepinefrina migliorano l’ipotensione annullando parzialmente la vasodilatazione causata dalla sepsi, stimolando la contrattilità cardiaca ed aumentando in tal modo la gittata cardiaca.

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Fonte dell’articolo:

Medicina Online

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