Traumi cervicali bassi o subassiali (C3-C7) nel bambino: cosa sono, come si trattano

Traumi cervicali bassi o subassiali (C3-C7) sono causati da incidenti stradali o sportivi, soprattutto negli adolescenti

Possono richiedere l’immobilizzazione o interventi chirurgici, anche complessi.

Qualsiasi evento traumatico (caduta accidentale, urto, incidente sportivo, etc.) che coinvolge le strutture ossee, i legamenti, i vasi sanguigni o le strutture nervose del collo e ne altera la normale funzionalità, più o meno gravemente, è definito come trauma cervicale.

I traumi cervicali in età pediatrica possono distinguersi in 2 gruppi principali:

  • Traumi che coinvolgono il tratto cervicale alto o assiale (vertebre C0-C1-C2);
  • Traumi che coinvolgono il tratto cervicale basso o subassiale (vertebre da C3 a C7).

Le lesioni del rachide cervicale basso, quindi delle vertebre al di sotto di C2, sono rare nei bambini con meno di 8 anni di età.

Via via che l’età del paziente aumenta e la colonna cervicale assume le caratteristiche anatomiche e biomeccaniche dell’adulto, la frequenza dei traumi cervicali bassi, al di sotto della vertebra C2, aumenta e aumenta anche la frequenza delle fratture rispetto alle lesioni dei legamenti.

Le fratture del tratto cervicale basso sono meno dell’1% di tutte le fratture pediatriche.

Tali lesioni sono più frequenti negli adolescenti e sono dovute a incidenti con bici o motoveicoli, traumi sportivi, cadute accidentali.

Le conseguenze principali e più frequenti di un trauma cervicale basso si possono distinguere in:

  • Fratture da avulsione dei processi spinosi, in cui i processi spinosi (Figura) vengono staccati dal corpo della vertebra (C3-C7);
  • Fratture da compressione dei corpi vertebrali (Figura);
  • Fratture da “scoppio” dei corpi vertebrali (Figura);
  • Fratture delle faccette articolari (Figura);
  • Lussazione/sublussazione tra 2 o più vertebre cervicali.

Le fratture possono provocare diversi problemi con gravità crescente:

  • Dolore ai movimenti del collo e della testa con contrattura dei muscoli del collo (torcicollo), da microfratture (fratture microscopiche) o da contusioni ossee;
  • Quadri di compromissione neurologica anche grave, con:
  • Deficit dei movimenti e della sensibilità delle braccia e delle gambe;
  • Problemi respiratori;
  • Alterazioni della frequenza cardiaca;
  • Problemi d’incontinenza.

Queste situazioni sono conseguenza di traumi, generalmente gravi, che coinvolgono il midollo spinale e che necessitano di una diagnosi tempestiva e di un trattamento adeguato per risolversi senza lasciare esiti permanenti.

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Traumi cervicali bassi o subassiali (C3-C7), la diagnosi

La diagnosi è basata sulla visita del paziente generalmente effettuata in pronto soccorso, con valutazione di eventuali danni vascolari o neurologici.

Fondamentale per la diagnosi è l’acquisizione di immagini radiografiche effettuate in proiezioni precise a seconda del sospetto clinico.

L’esecuzione di una tomografia computerizzata (TM) e di una risonanza magnetica (RM) completano il quadro e permettono, attraverso precise misurazioni computerizzate, di porre diagnosi di instabilità con sublussazione o lussazione, oppure di frattura.

Le lesioni lievi non mostrano anomalie radiografiche o all’esame TC (tomografia computerizzata).

Lesioni più gravi sono associate ad ampliamento dello spazio tra le faccette articolari, ampliamento o collasso degli spazi che separano una vertebra dall’altra.

Le radiografie dinamiche (riprese di lato, con il collo esteso e poi flesso) evidenziano eventuali instabilità.

L’esame RM (risonanza magnetica) può mettere in evidenza lesioni dei tessuti molli, delle capsule articolari e delle cartilagini epifisarie.

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Traumi cervicali bassi o subassiali (C3-C7), il trattamento può essere conservativo o chirurgico

Le lesioni dei legamenti e dei tessuti molli in assenza di anomalie radiografiche possono essere trattate con terapia antinfiammatoria e antidolorifica e immobilizzazione con un collare morbido di Schanz per un periodo di 8-10 giorni.

Quando sono presenti lesioni dei legamenti con manifestazioni radiografiche è utile l’immobilizzazione con collare rigido per 2 settimane dopo di che il paziente deve essere rivalutato con radiografie dinamiche (vedi sopra) per documentare un’eventuale instabilità.

La lussazione delle faccette articolari da un lato o da tutti e due i lati è una lesione relativamente comune nei traumi cervicali degli adolescenti.

È causata da un meccanismo di flessione e distrazione del rachide cervicale con lesione delle faccette articolari.

In un paziente con lussazione delle faccette articolari di tutti e due i lati, compare di regola un deficit neurologico motorio ed è necessario procedere d’urgenza a riportare in sede le faccette articolari (riduzione) seguita da un esame RM (risonanza magnetica) per valutare la presenza e l’entità della lesione neurologica.

Le fratture composte e stabili, senza sintomi neurologici, vengono generalmente trattate in via conservativa, con collari rigidi (es. collare Philadelphia), da indossare continuativamente per un minimo di 4-6 settimane.

Le fratture più gravi o scomposte senza sintomi neurologici necessitano dell’applicazione di un collare rigido che andrà portato per un periodo di tempo più lungo e di controlli clinici e radiografici frequenti.

Le fratture scomposte o le lussazioni instabili con compromissione neurologica lieve o grave, necessitano spesso di un intervento chirurgico.

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I trattamenti chirurgici possono prevedere principalmente:

  • Posizionamento di trazione transcranica Halo: viene applicato un anello metallico (halo) intorno alla testa in anestesia generale, attaccando l’anello al cranio del bambino con chiodi multipli. L’halo non è doloroso ed è generalmente ben tollerato. All’anello vengono applicati dei pesi che mantengono distanziate e bloccate tra loro (in riduzione) le vertebre instabili, mediante la trazione della testa rispetto alla colonna vertebrale. Possono essere necessarie diverse settimane prima della rimozione in sicurezza di tale dispositivo;
  • Posizionamento di viti (o uncini) e barre per fissare tra loro, in posizione corretta, le vertebre instabili o fratturate a vertebre adiacenti “sane”. Questo intervento è definito “stabilizzazione” che può essere temporanea o definitiva. Se definitiva, è detta più propriamente “artrodesi”;
  • Decompressione midollare, attraverso un’apertura del canale midollare per permettere un’espansione del midollo spinale compresso a seguito del trauma (ad esempio da frammenti ossei di frattura).
  • Trattamento chirurgico in 2 tempi, in alcuni casi è necessario effettuare un primo intervento in acuto di decompressione midollare, e di seguito un intervento di correzione della deformità della vertebra risultante dalla frattura stessa.

A questi trattamenti chirurgici, nei casi di danno neurologico persistente, fanno seguito trattamenti riabilitativi e fisioterapici per recuperare la funzionalità e la motilità compromessa.

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Fonte dell’articolo

Bambino Gesù

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