Il turno di Capodanno raccontato dall'Humanits di Firenze

La situazione è perfetta: lasciato da poco (mio malgrado), nessun programma, nessun invito particolare, e allora sai cosa? Io la sera e la notte del 31 vado a fare servizio! Così sto in compagnia, mangio insieme a quelli che partecipano alla cena in Sede, e sicuramente faccio del bene. Seratona assicurata! Che poi in questa scelta c’è anche un pizzico di sana incoscienza, di voglia di vedere cosa succede per le strade quella notte, di poter assistere magari a qualche caso particolare che poi usi e riusi negli anni avvenire quando racconti i servizi più strani che ti sono capitati. Inutile negarlo: è così. Certo, mica speri che tu debba partecipare a servizi drammatici o pericolosi, tantomeno speri che la gente stia male e abbia bisogno di una Ambulanza, però però dentro la tua anima di Volontario del Soccorso Sanitario 118 se decidi di fare servizio la notte del 31 speri un po’ che capiti un qualcosa che ti permetta di poter dire il classico sempre amato “io c’ero”.

Arrivo con largo anticipo, che quasi sembra che fossi arrivato in ritardo per il turno precedente; saluto, firmo il registro e guardo un po’ chi c’è e che succede. Inizio a dare una mano per la preparazione della cena e mi rendo conto di come la nostra Associazione sia davvero una bella famiglia, strana, allargata, di quelle che non sai mai chi c’è e a che ora torna, ma pur sempre una famiglia. Stare lì mi cura, mi fa dimenticare un po’ la tristezza che in quei giorni mi attanagliava per la fine di un rapporto per il quale avevo combattuto molto e nel quale nessuno credeva tranne me. Insomma era proprio il posto giusto per quella notte di San Silvestro di qualche anno fa.

Il turno del pomeriggio termina e la mia squadra del prenotte e notte è già al completo: non perdo tempo e, dato che poi non voglio brutte sorprese, prendo tutti per il bavero e li porto con me a fare la check list dell’Ambulanza. Questo c’è, questo pure, ghiaccio bende e lenzuoli anche ma dato che mi aspetto una sera movimentata forse è meglio prenderne qualcuno in più, ossigeno ok, DAE presente e operativo (sperando sempre che non serva), una pulitina qua e là e la nostra Delta13 è pronta ad affrontare la notte più senza regole di tutto l’anno.

Arriva il momento della cena con tutti quelli che hanno deciso di passare quella sera insieme: una lunga tavolata di gente allegra, affamata, ciascuno con i propri problemi ma con la voglia di dare un pochino di sé che insieme al pochino dell’altro fa la grande associazione che siamo. Gli antipasti scorrono lisci, nel senso che non ci chiamano. Arrivano le lasagne fumanti: lo stomaco gongola ma ogni tanto lo sguardo cade sul telefono del 118 come a esorcizzare la chiamata durante la cena. Che ovviamente arriva a metà lasagna, maremma impestata! Impreco (gentilmente), poso la forchetta, trangugio mezzo litro d’acqua per mandare giù il boccone e ripulire un po’ il palato, e via… si parte per il primo servizio di questi due lunghi turni.

Rientriamo giusti giusti per non perderci i secondi, che, insieme alle lasagne lasciate a mezzo, qualcuno ci aveva gentilmente messo da parte. Passano i secondi, con abbondanti contorni, e passano anche i dolci. Arriva la mezzanotte e come ogni San Silvestro accogliamo il nuovo anno con uno spiegamento di sirene da far invidia a una contraerea. Tutte le nostre ambulanze lampeggiano e suonano insieme come mai fanno durante l’anno, quasi a cercare di esorcizzare l’arrivo di un nuovo anno che possa essere il più possibile sereno e benevolo per tutti noi e per tutta la nostra cittadinanza.

La notte trascorre, ormai già entranti nel primo giorno di Gennaio, con qualche uscita. Neanche a farlo apposta vengo a contatto con le realtà più disparate: ragazzi giovani che si preparano ad andare a una festa ma che hanno fatto un po’ di casino facendosi in malo modo una ceretta; una coppia di mezza età preda della depressione e delle proprie miserie che nella loro casa cercavano di passare una cena del 31 un po’ serena e invece sono caduti nella trappola della droga; un signore anziano che forse aveva chiesto un po’ troppo al proprio fisico in un locale pieno di donne; una ragazzina appena adolescente che pensava che il vero sballo fosse sbronzarsi fino al coma etilico; la disperazione di una vecchietta abbandonata a se stessa e ai propri problemi respiratori. Alcuni dei mali del nostro tempo, insomma; mali con i quali si viene a contatto spesso facendo servizio su di una Ambulanza di emergenza e che quando finisce il turno non ti lasciano mai uguale a quando l’hai iniziato.

E così arrivano le 8. E insieme alle 8 arriva anche la squadra che ci da il cambio. Me ne torno a casa mia, in quella pace che sa di tregua dopo la guerra della notte di San Silvestro. Penso che alla fine ho fatto la scelta migliore: fare servizio quella notte mi ha fatto bene, mi ha dato la possibilità di non restare solo, di ridere, di scherzare, di fare del bene, di farmi sentire parte di un tutto tanto che se mi chiedessero “ma tu servizio lo fai per gli altri o per te?” io avrei difficoltà a rispondere.

Fettona di pandoro avanzato, caffelatte, doccia. In questa sequenza. E poi sono crollato a letto pensando che, in fondo in fondo, io di fare servizio ne ho proprio bisogno. Buonanotte. O se preferite, buongiorno.

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