Attacco di cuore: caratteristiche, cause e cure dell’infarto del miocardio

Con il termine generico “attacco di cuore” o “attacco cardiaco” si intende quella patologia che, in gergo medico, è definita “infarto del miocardio”

Dal punto di vista etimologico, miocardio è una parola composta: “mio” ossia “muscolo” e “cardio” che sta per “cuore” indicando, dunque, il muscolo cardiaco.

Quando si parla di “infarto”, ci si riferisce alla morte di un tessuto a causa di un insufficiente apporto ematico (e quindi di una ridotta ossigenazione), necessario alla sua sopravvivenza.

Il cuore, infatti, come ogni altro tessuto del corpo umano, per sopravvivere necessita di una costante e importante quantità di sangue che è passato per il circolo polmonare e, di conseguenza, è ricco di ossigeno.

Se – per i motivi che si vedranno a breve – il cuore dovesse smettere di ricevere il corretto apporto di sangue ossigenato, si potrebbero presentare delle conseguenze che possono essere lievi o severe e che possono, nei casi più gravi ed improvvisi, portare al decesso.

Quali sono le cause e i fattori di rischio di un attacco di cuore

Come brevemente accennato, un attacco di cuore – o più propriamente un infarto miocardico – avviene nel momento in cui il flusso sanguigno, che attraverso le arterie coronarie porta sangue ossigenato al muscolo cardiaco, si riduce fino quasi ad esaurirsi.

In genere, la diminuzione di questo flusso dipende da un accumulo di colesterolo ed altre sostanze a livello delle pareti arteriose (placca aterosclerotica) che impediscono il corretto irroramento del muscolo cardiaco.

Quando una di queste placche si rompe, viene a formarsi nel luogo di rottura un coagulo di sangue che, se di notevoli dimensioni, può ostruire parzialmente o completamente il flusso ematico attraverso l’arteria coronaria.

Meno frequentemente, può accadere che a livello della componente muscolare delle arterie coronarie, si instauri uno che arresta di colpo il passaggio del sangue ossigenato in direzione del cuore.

In genere, l’infarto miocardico è un processo che ha luogo nel corso di alcune ore, durante le quali il tessuto soffre in maniera crescente la mancanza del fisiologico apporto ematico e muore.

Ci sono alcuni fattori di rischio, i “fattori di rischio cardiovascolari”, che aumentano la possibilità che un soggetto sia interessato da un attacco cardiaco

Il fumo, e l’esposizione per lunghi periodi al fumo passivo, potrebbe danneggiare le pareti interne delle coronarie, determinando con maggior facilità un accumulo di depositi di colesterolo che andrebbero ad ostacolare il flusso sanguigno.

La pressione arteriosa elevata (o ipertensione arteriosa) è determinata da un aumento delle pressioni di esercizio del distretto cardiovascolare.

Questa condizione, se non trattata, potrebbe indebolire le pareti delle arterie.

L’alta pressione è una condizione la cui incidenza aumenta all’aumentare dell’età anagrafica, specie in associazione a uno stile di vita sedentario e ad un’alimentazione ricca di sale.

Va da sé che condurre una vita sedentaria ed avere un’alimentazione scorretta, con abuso di grassi saturi, sale e alcool, è uno dei fattori di rischio più importanti e frequenti a cui l’attacco cardiaco è correlato.

Anche l’obesità – associata ad alti livelli di colesterolo nel sangue, alla pressione alta e al diabete – rappresenta un decisivo fattore di rischio per lo sviluppo dell’infarto miocardico.

Il diabete, ovvero l’incapacità di produrre adeguatamente o di rispondere in maniera corretta al messaggio dell’insulina, una proteina prodotta a livello pancreatico, può aumentare notevolmente il rischio di attacco cardiaco.

Tra i fattori di rischio si annovera anche lo stress.

In un periodo di forte stress e agitazione un soggetto potrebbe essere portato a fumare o a mangiare in maniera più disordinata. La tensione nervosa è anche riconosciuta come possibile causa dell’aumento della pressione arteriosa.

Attacco di cuore: riconoscere i sintomi

Riconoscere ed identificare un attacco cardiaco potrebbe non essere semplice ed immediato.

Il primo sintomo che si presenta è, quasi sempre, un fastidio o un dolore a livello del petto.

La maggior parte degli attacchi di cuore si manifestano, infatti, con una fitta al petto che compare improvvisamente, dura alcuni minuti, per poi scomparire e ripresentarsi successivamente.

Questa fitta fastidiosa o dolorosa può essere accompagnata da un senso di oppressione o di gonfiore al petto.

Sintomi secondari dell’attacco cardiaco possono essere la mancanza di fiato, la sudorazione eccessiva, la sensazione di affaticamento, svenimento, nausea e vomito.

Più sono numerosi – e più sono intensi – i sintomi avvertiti, più è elevata la possibilità che vi sia un attacco di cuore in corso.

L’incostanza con cui i sintomi dell’attacco di cuore si manifestano potrebbe far sì che il paziente non prenda immediatamente sul serio le prime avvisaglie, procrastinando, per paura o per sottovalutazione, e aggravando ulteriormente una situazione medica che, invece, necessita di un tempestivo intervento da parte di uno specialista.

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Diagnosticare l’attacco di cuore

Quando un paziente arriva al pronto soccorso lamentando i sintomi precedentemente descritti, verrà al più presto visitato da un medico cardiologo, il quale eseguirà un’accurata anamnesi del paziente.

Conoscere il suo stile di vita, le sue abitudini e la sua storia medica personale e familiare aiuta enormemente nella formulazione di una corretta diagnosi.

Per arrivare alla formulazione tempestiva di una diagnosi accurata, l’anamnesi non sarà però sufficiente.

Questa dovrà essere accompagnata da una serie di esami diagnostici, tra i quali l’elettrocardiogramma, le analisi del sangue e l’angiografia coronarica.

L’elettrocardiogramma è un test che registra l’attività elettrica del cuore e – dal tracciato ottenuto – sarà possibile visualizzare eventuali anomalie nel ritmo e nella morfologia delle onde elettriche cardiache riconducibili all’infarto del miocardio.

Le analisi del sangue, durante un attacco di cuore, sono fondamentali per una diagnosi accurata.

Durante un infarto del miocardio, infatti, alcune cellule del muscolo cardiaco muoiono e rilasciano nel sangue delle particolari proteine, il cui andamento è monitorabile attraverso le analisi ematiche eseguite a determinati intervalli temporali.

L’angiografia coronarica è un esame che, attraverso l’uso dei raggi X, permette la visualizzazione della morfologia dei vasi coronarici e risulta utile ad individuare eventuali ostruzioni presenti presso in questa sede.

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Attacco di cuore: la terapia più adeguata

Maggiore è il tempo che passa dall’inizio dell’attacco di cuore, più il tessuto del miocardio – rimasto privo di ossigeno – sarà interessato da un progressivo deterioramento che lo porterà alla morte.

L’unico modo per intervenire tempestivamente è quello di riuscire a ripristinare, nel minor tempo possibile, il corretto flusso cardiaco, così da irrorare nuovamente il tessuto con sangue ossigenato.

La terapia farmacologica utilizzata in questi casi prevede l’uso di farmaci come l’aspirina o antiaggreganti piastrinici per inibire la coagulazione del sangue; trombolitici per sciogliere il coagulo di sangue che blocca il flusso ematico in direzione del cuore; l’eparina potrebbe essere somministrata per fluidificare il sangue e renderlo meno incline a formare ulteriori coaguli. Potrebbero essere somministrati anche antidolorifici per attenuare la sintomatologia dolorosa, che spesso si presenta con grande intensità.

La terapia farmacologica potrebbe non essere sufficiente.

A seconda delle condizioni cliniche, il paziente potrebbe essere sottoposto ad un intervento chirurgico.

Verrà eseguita un’angioplastica coronarica con il posizionamento di stent coronarici medicati per dilatare i tratti arteriosi ostruiti, così da permettere al sangue ossigenato di tornare a fluire correttamente in direzione del cuore.

Questa procedura viene eseguita mediante l’inserimento di un catetere dotato alla cui estremità è presente palloncino che viene gonfiato in prossimità della zona interessata dall’ostruzione per dilatare l’arteria.

Successivamente, viene inserito  lo stent che, una volta sgonfiato il palloncino, rimarrà in posizione evitando che l’arteria si occluda nuovamente.

In alternativa, sarà eseguito un intervento di bypass coronarico che, però, rimane una scelta secondaria a cui ricorrere in emergenza, o successivamente, quando il cuore avrà avuto modo di riprendersi dall’infarto per migliorare, nel complesso, l’irrorazione del muscolo cardiaco.

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Attacco di cuore: prevenzione

Il modo migliore per evitare di essere colti da un attacco cardiaco è quello di fare prevenzione.

Oltre ad una periodica visita cardiologica, la prevenzione prevede l’adozione di uno stile di vita sano.

Non fumare o smettere di fumare; tenere sotto controllo l’alimentazione così da evitare la comparsa di patologie quali l’ipertensione o l’ipercolesterolemia; eseguire regolare attività fisica che aiuta a migliorare la funzionalità del muscolo cardiaco e a tenere sotto controllo il peso e gli accumuli di grasso corporeo.

Ridurre lo stress e non sfogarsi su cibi poco sani, alcool e fumo è inoltre un buon modo per evitare qualsiasi problema legato cardiaco.

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Pagine Bianche

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