Cancro ovarico, interessante ricerca della University of Chicago Medicine: come affamare le cellule tumorali?

Cancro ovarico, una strada al trattamento e alla cura molto interessante, quella tracciata dalla University of Chicago Medicine. In un articolo a firma Tiha M. Long si definisce la correlazione tra diffusione delle cellule tumorali ovariche e la dipendenza di queste ultime dal metabolismo della paziente, o per meglio dire dalla sua massa adiposa.

La diffusione del cancro ovarico dipende dalla capacità delle cellule tumorali di nutrirsi di tessuto adiposo

La diffusione del cancro ovarico, infatti, è direttamente connessa dalla possibilità delle cellule tumorali ovariche di servirsi del tessuto adiposo della donna “ospite”, e di utilizzarlo come fonte di energia.

Interrompere questo “self-service” può rivelarsi la strada più efficace aumentare le possibilità di vittoria nei confronti del tumore.

I medici-scienziati della University of Chicago Medicine Comprehensive Cancer Center Ernst Lengyel, MD, PhD, professore e presidente del Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, e Iris Romero, MD, professore di Ostetricia e Ginecologia, stanno riuscendo a definire quei meccanismi e a capire quindi come bloccare la diffusione del tumore.

Il cancro ovarico è particolarmente subdolo ed insidioso, per la sua capacità di passare all’apparato addominale femminile: questa sua caratteristica fa sì che quando viene rivelato alla paziente, esso abbia già invaso o sia addirittura già metastatico in altri organi.

La “fame di grasso” è però anche un punto debole, per la cellula tumorale ovarica, rendendola soggetta a trattamenti già esistenti per altre patologie da disturbi metabolici.

Uno di essi, ad esempio, è il diabete.

La metformina, usata per il diabete, ferma la diffusione del cancro ovarico

In un recente studio, nel 2019, Lengyel e Romero hanno dimostrato che la diffusione del cancro ovarico può essere bloccata da un farmaco per il diabete chiamato metformina, aprendo la porta a nuovi test per bloccare l’attività metabolica nelle cellule tumorali.

Lengyel e Romero hanno poi scoperto che le cellule del cancro ovarico e le cellule adipose (gli adipociti) possono costruire un rapporto in seno al quale le cellule di grasso ricevono segnali per rilasciare il grasso, permettendo alle cellule tumorali di usarlo come fonte di energia per una rapida crescita.

Hanno ipotizzato che bloccare l’assorbimento dei grassi da parte delle cellule tumorali sarebbe un modo per fermare la crescita e la diffusione del cancro alle ovaie.

Le cellule tumorali del cancro ovarico esibiscono alti livelli di FABP4

Un nuovo studio con un ricercatore dello staff , Abir Mukherjee, ha individuato un target metabolico specifico che aiuta le cellule del cancro ovarico a utilizzare i grassi, chiamato proteina legante gli acidi grassi (FABP4).

Le cellule tumorali ovariche nel tessuto adiposo addominale hanno livelli elevati di FABP4.

Le sperimentazioni in laboratorio hanno dimostrato che bloccando FABP4 le cellule di cancro ovarico metastatico, in un certo senso, muoiono di fame.

Questo rallenta in modo sensibile la crescita del cancro ovarico.

Stanno perciò testando sui topi un inibitore FABP4 in combinazione con il trattamento standard contro il tumore ovarico, con risultati promettenti.

Queste indagini di Lengyel, Mukherjee e Romero hanno fornito la direzione per un migliore trattamento del cancro alle ovaie.

Le terapie che bloccano il metabolismo dei grassi da parte delle cellule tumorali ovariche possono impedire a queste cellule di crescere nell’addome e di spostarsi verso altri siti del corpo.

Anche se il trattamento utilizzato in questo studio non è approvato per l’uso nelle persone, ci sono altri inibitori FABP4 che sono in fase di sviluppo e potrebbero essere studiati per il trattamento del cancro ovarico.

Il che aiuterebbe notevolmente nella lotta delle donne contro il cancro ovarico.

Per approfondire:

Read The English Article

Prevenzione del tumore ovarico, Campagna ‘Nessunadonnarestindietro’: ecco il video di IncontraDonna onlus

COVID-19, Studio dell’Università di Chicago: la carenza di vitamina D raddoppia il rischio di infezione / PDF

Fonte dell’articolo:

Articolo di Tiha M. Long, PhD, sul sito ufficiale de The University of Chicago Medicine

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