Rettosigmoidoscopia e colonscopia: che cosa sono e quando si eseguono

La rettosigmoidoscopia è una tecnica diagnostica mediante la quale si può guardare nel Retto e nel sigma (da qui il termine di rettosigmoidoscopia) per vedere se esiste qualche lesione che causa i disturbi al paziente

Che cos’è la colonscopia

La Colonscopia è una tecnica strumentale che, oltre ad esplorare il retto e il sigma, studia anche i restanti segmenti del colon.

Si parla di colonscopia totale (pancolonscopia) quando vengono esplorati tutti i tratti del grosso intestino, dall’ano fino alla valvola ileo-cecale.

In entrambe le indagini strumentali viene utilizzato un endoscopio, cioè un tubo flessibile del diametro di circa un dito con una luce chiara al suo termine che viene fatto passare attraverso il canale anale nel colon.

Perché e quando si usa fare la rettosigmoidoscopia e la colonscopia

La rettosigmoidiscopia e la colonscopia sono indagini che vengono eseguite quando il paziente presenta dei disturbi o dei sintomi del tipo:

  • diarrea persistente con o senza emissione di sangue dal retto (rettorragia);
  • emissione di muco con le feci (mucorrea);
  • dolori alla pancia;
  • cambiamento nelle abitudini dell’alvo;
  • anemia cronica senza evidente patologia nel tratto digestivo alto.

Nei pazienti giovani (età ) con sintomi simil-influenzali e/o con saltuari episodi di rettorragia, a discrezione del medico, l’esplorazione endoscopica può riguardare anche solo il retto e il sigma se si identifica nella presenza di emorroidi la fonte di sanguinamento e se non vi sono altre lesioni nei tratti esplorati.

Diventa invece importante eseguire una colonscopia totale se si trova una infiammazione nel retto e nel sigma (es. rettocolite ulcerosa), se vi è la presenza di un polipo nei primi tratti esplorati, se il soggetto ha una età >40-45 anni e presenta rettorragia, se vi è una familiarità per poliposi o cancro dell’intestino.

Comunque, un buon gastroenterologo endoscopista, se il paziente ha un intestino sufficientemente pulito per adeguata preparazione, dovrebbe cercare sempre di arrivare alla valvola ileo-cecale.

Quando non è utile fare la rettosigmoidoscopia e la colonscopia

L’endoscopia non può certamente risolvere eventuali disturbi funzionali o psicosomatici per i quali al paziente è stato consigliato di effettuare l’esame.

Infatti, la diagnosi di tali disturbi, etichettati dal clinico come “sintomi funzionali” o ‘sintomi del colon irritabile’ (‘colite nervosa’) è una diagnosi di esclusione (assenza di patologie in tutto il colon esplorato).

È chiaro, tuttavia, che l’assenza di lesioni all’indagine strumentale spesso riduce l’ansia del paziente con attenuazione o scomparsa dei suoi sintomi.

Cosa devo sapere della rettosigmoidoscopia?

La preparazione alla rettosigmoidoscopia o alla colonscopia è determinante per la riuscita dell’esame ed è quindi indispensabile che venga eseguita correttamente.

Per avere una visione chiara il colon deve essere completamente libero dalle feci.

Occorre quindi prendere una soluzione lassativa da bere il giorno prima dell’indagine o comunque non meno di 6 ore prima dell’esame.

Si può assumere una cena leggera (minestrina, brodo) la sera precedente.

Solitamente l’indagine endoscopica del grosso intestino è fastidiosa e a volte un po’ dolorosa.

Qualche volta il dolore può non essere tollerabile (in genere ciò è causato dalla conformazione anatomica dell’intestino, o da cicatrici per precedenti interventi chirurgici sulla pancia, o dalla presenza di grosse ernie inguinali; in questo caso possono essere somministrati dei farmaci per meglio tollerare l’esame e le procedure ad esso connesse.

Quali sono i rischi di questi esami strumentali?

Quando utilizzata a scopo diagnostico, da medici particolarmente addestrati ed esperti, l’indagine strumentale del colon è sicura ed associata a pochissimi rischi.

Questi ultimi sono invece aumentati nella Endoscopia operativa come ad esempio nella asportazione di un polipo (polipectomia).

L’altro problema riguarda la potenziale trasmissibilità di infezioni, in particolare i virus dell’epatite B, C, D, e dell’AIDS.

La possibilità di trasmettere infezioni per mezzo dello strumento endoscopico è intuitiva: lo strumento infatti entra a contatto con le mucose e gli accessori e si può superare l’integrità della barriera mucosa, specialmente nelle manovre operative.

Questa possibilità è strettamente correlata ad improprie modalità di pulizia e disinfezione.

Infatti, fino a nuove evidenze, sebbene possibile, la trasmissione di questi virus in endoscopia è infrequente e resta legata alla mancata ed incompleta osservazione delle norme di pulizia e disinfezione degli strumenti.

Infatti le linee guida di pulizia e disinfezione sono ormai state definite a livello internazionale, garantiscono uno standard di decontaminazione con eliminazione di virus, batteri, funghi e quindi un rischio di contagio quasi zero.

Prima dell’esame dovete eseguire la preparazione che vi è stata indicata affinché il vostro intestino sia perfettamente pulito in modo tale da permettere all’operatore una visione ottimale.

Qualora ciò non si verifichi l’esame può durare di più, può non essere diagnostico o comunque essere incompleto e da qui il rischio di ripetere l’indagine dopo una più accurata preparazione.

È inoltre importante portare in visione al medico, prima che questi pratichi l’esame, eventuali precedenti esami radiologici o referti di colonscopie.

Ogni paziente partecipa all’indagine con un corredo psico-emotivo diverso e perciò anche lo stesso esame suscita in loro differenti reazioni.

Come si svolge

Il paziente viene fatto accomodare su un lettino sul fianco di sinistra.

Dopo l’esplorazione, col dito dell’operatore, del canale anale, viene introdotto lo strumento nell’ampolla rettale e fatto proseguire possibilmente fino alla fine del grosso intestino.

Le possibilità di successo dipendono dalle condizioni di pulizia, dalle conformazioni dell’intestino e dalla collaborazione del paziente.

Verrà immessa dell’aria onde distendere le pareti dell’intestino ed avere una visione migliore e ciò potrà provocare qualche fastidio.

Infatti si può avvertire la sensazione di doversi ‘scaricare’ o sentire la ‘pancia gonfia’ o lamentare dolore con crampi addominali.

È importante informare dei propri disturbi il personale presente che si comporterà di conseguenza.

L’esame può durare da pochi minuti (se si esplora solo il retto e il sigma) a 15-30 minuti se si effettuerà una colonscopia totale.

Globalmente la percentuale di complicanze in corso di endoscopia diagnostica è inferiore al 4 per mille.

È chiaro che i pazienti con patologie concomitanti, come malattie cardiovascolari, polmonari, renali, epatiche gravi, neurologiche e metaboliche, oltre che di età avanzata, sono esposti ad un rischio più alto di complicanze.

Durante l’esame è possibile incontrare dei polipi intestinali.

Si tratta di protuberanze (escrescenze) della mucosa della parete intestinale rivolta verso il lume che hanno la tendenza ad aumentare di volume (da pochi mm ad alcuni cm) con il passare del tempo.

Essi possono anche dare origine ad alcune complicanze quali sanguinamento, ostruzione intestinale, ma soprattutto in alcuni casi possono trasformarsi in tumore maligno.

È dunque prudente, ogni volta che si trova un polipo in corso di colonscopia, toglierlo, farlo analizzare al microscopio (esame istologico) e programmare una periodica sorveglianza.

È per questo che è necessario togliere i polipi (polipectomia); ciò può essere fatto durante la rettosigmoidoscopia o la colonscopia.

Possono essere sottoposti a polipectomia tutti i pazienti che presentino polipi, che non siano portatori di pacemaker cardiaco e che abbiano una coagulazione del sangue normale.

A tale proposito, poiché con relativa frequenza durante l’esecuzione dell’esame endoscopico si osservano dei polipi, è opportuno che il paziente al di sopra dei 45 anni o pazienti noti per poliposi (personale o familiare) effettuino, qualche giorno prima dell’indagine, esami di laboratorio che valutino il loro stato coagulativo (emocromo, fibrinogeno, piastrine, tempo di protrombina, tempo di tromboplastina parziale).

In questo modo, qualora durante l’esame endoscopico si osservasse un polipo e ve ne fosse la possibilità, esso sarà asportato immediatamente onde evitare al paziente una nuova successiva endoscopia.

La polipectomia è pericolosa?

No, non è una procedura pericolosa; l’asportazione dei polipi è indolore.

Tuttavia, occorre considerare che si tratta di un vero e proprio intervento chirurgico e come tale comporta dei rischi.

A tal proposito, sarà chiesto al paziente di firmare un foglio, il cosiddetto ‘consenso informato’, ovvero una dichiarazione in cui egli permette al medico di eseguire la procedura strumentale operativa.

Tale consenso non esenta il medico dalle sue responsabilità professionali.

Sono possibili delle complicanze in circa l’1% dei casi.

Tali complicanze sono:

  • l’emorragia, che in genere si autoelimina, ma necessita comunque di un ricovero ospedaliero per l’osservazione del paziente anche se raramente occorre intervenire chirurgicamente;
  • la perforazione dell’intestino che richiede sempre un intervento chirurgico di correzione.​

Cosa deve fare il paziente dopo l’esame endoscopico

Al termine dell’indagine, dopo qualche minuto di riposo, il paziente si deve recare al proprio domicilio.

La relazione dell’endoscopia gli sarà consegnata immediatamente, mentre per l’esito delle eventuali biopsie (esame istologico) dovrà attendere dai 5 ai 10 giorni.

In caso di polipectomia il paziente rimane in osservazione per 30-60 minuti e, a discrezione del medico, può essere eventualmente invitato ad un breve ricovero nel sospetto di una complicanza.

Se gli sono stati somministrati farmaci per la sedazione, è importante che sia disponibile un accompagnatore per guidarlo a casa, poiché la sedazione peggiora i riflessi e la capacità di giudizio.

Per la restante giornata non si potrà guidare l’automobile, usare macchine o prendere decisioni importanti.

È opportuno restare a riposo per tutta la giornata.

Per sedazione comunemente si intende una riduzione del livello di coscienza indotto da farmaci per facilitare l’accettabilità dell’indagine endoscopica.

I farmaci più utilizzati sono le benzodiazepine che inducono rilassamento e cooperazione da parte del paziente, e in alcuni casi anche uno stato di amnesia.

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