Malattia di Graves (Basedow-Graves): cause, sintomi, diagnosi e trattamento

La malattia di Graves, nota anche come, malattia di Basedow-Graves, morbo di Basedow-Graves o gozzo tossico diffuso, è una malattia autoimmune che colpisce la tiroide caratterizzata da una o più manifestazioni come: ipertiroidismo, aumento del volume della tiroide (gozzo), talvolta patologia oculare (oftalmopatia) e, in rari casi, patologia della pelle (dermopatia)

Si tratta di una condizione più complessa del comune ipertiroidismo e non va, in alcun caso, confusa con esso.

Scopri di seguito tutto quello che c’è da sapere su questa malattia.

Cos’è la malattia di Graves

La malattia di Graves si classifica come una patologia autoimmune, cioè una malattia in cui il sistema immunitario aggredisce uno o più costituenti fisiologici dell’organismo.

Nel corso di tale malattia il sistema di difesa dell’organismo produce in modo anomalo autoanticorpi chiamati TSI (immunoglobuline stimolanti la tiroide), diretti verso il ricettore dell’ormone tireotropo, conosciuto come TSH (Thyroid-stimulating hormone), presente sulle cellule della tiroide.

Questi anticorpi inducono la ghiandola tiroidea alla sovrapproduzione incontrollata di ormoni tiroidei causando, nel tempo, un ingrossamento della ghiandola tiroidea e sviluppando una forma di ipertiroidismo caratterizzata in molti casi da disturbi oculari che si manifestano con gonfiore, infiammazione e sporgenza del globo oculare (esoftalmo).

La malattia di Graves insorge in circa 0,5% della popolazione mondiale e rappresenta più del 50% dei casi di ipertiroidismo

Nello specifico, negli Stati Uniti i casi di ipertiroidismo legati alla malattia di Graves variano circa dal 50% all’80% dei casi (fonte: The New England Journal of Medicine).

Sebbene possa colpire chiunque, secondo i dati si verifica più frequentemente nelle donne rispetto agli uomini e si manifesta in genere nei soggetti di 40-60 anni sebbene possa interessare anche bambini e persone anziane.

Approfondimento: cos’è la tiroide?

La tiroide è una ghiandola endocrina a forma di farfalla situata nella parte anteriore della base del collo.

La sua funzione è quella di controllare alcune importanti funzioni dell’organismo attraverso la produzione di due ormoni tiroidei: la tiroxina (T4) e la triiodiotironina (T3), i quali vengono secreti nel sangue e trasportati verso ogni tessuto del corpo.

Questi ormoni contribuiscono a regolare il metabolismo e altre importanti funzioni come la respirazione, il battito cardiaco, la crescita, lo sviluppo del sistema centrale nervoso e la temperatura corporea.

Il corretto funzionamento della ghiandola tiroidea è gestito, a sua volta, dall’ipofisi, una ghiandola endocrina che controlla l’attività dell’organismo attraverso la secrezione di numerosi ormoni.

Tale ghiandola produce l’ormone tireostimolante TSH che stimola la tiroide a produrre gli ormoni T3 e T4.

Nell’ipertiroidismo la tiroide ha una funzione “eccessiva” in quanto produce una quantità superiore degli ormoni rispetto a quelli necessari all’organismo.

L’aumento della funzione tiroidea, e il conseguente eccesso degli ormoni della tiroide nel sangue, comporta una situazione di accelerato metabolismo che si manifesta con un ampio corredo sintomatologico.

Cause della malattia

Come già spiegato precedentemente, la malattia di Graves è causata da un malfunzionamento del sistema immunitario il quale, oltre a produrre anticorpi per difendere l’organismo da virus, batteri e altre sostanze estranee, per ragioni ancora poco chiare tende a produrre autoanticorpi, cioè anticorpi diretti contro strutture proprie dell’organismo.

Pur essendo sconosciuta sotto molti aspetti, all’origine del morbo di Graves si ipotizza un’alterazione del sistema immunitario causata da fattori ereditari e genetici.

Sebbene chiunque possa sviluppare la malattia, sono stati riscontrati una serie di fattori, capaci di aumentare il rischio di sviluppare la malattia.

Tra questi:

  • Familiari che soffrono della malattia di Graves (predisposizione genetica);
  • Genere, il sesso femminile sembra avere più probabilità di sviluppare il morbo;
  • Età, generalmente la malattia si sviluppa in soggetti di 40-60 anni;
  • Presenza di altre malattie autoimmuni come l’artrite reumatoide o il diabete di tipo 1;
  • Stress emotivo e fisico, che può scatenare l’insorgenza della malattia in persone geneticamente predisposte ad essa;
  • La gravidanza o il parto possono slatentizzare la patologia in donne geneticamente predisposte;
  • Il fumo, che può influenzare il sistema immunitario e aumentare il rischio della comparsa del morbo di Graves. I fumatori affetti dalla malattia inoltre hanno maggiori possibilità di sviluppare l’oftalmopatia di Graves.

Quali sono i sintomi?

La malattia di Graves può manifestarsi con molti sintomi e segni che, tuttavia, tendono a svilupparsi in modo lento.

Nelle fasi iniziali, infatti, la malattia può essere quasi del tutto asintomatica per poi peggiorare progressivamente.

Le manifestazioni del morbo variano significativamente da persona a persona.

In genere, i primi disturbi che compaiono nel paziente sono di tipo psichico quali:

  • Stati d’ansia;
  • Difficoltà di addormentamento (insonnia);
  • Emotività eccessiva;
  • Irritabilità;
  • Depressione;
  • Tremori;
  • Stanchezza mentale.

Altri sintomi che possono svilupparsi per effetto, diretto o indiretto, dell’ipertiroidismo sono:

  • Iperattività;
  • Perdita eccessiva di capelli;
  • Eccessiva sudorazione e intolleranza al calore;
  • Inspiegabile perdita di peso nonostante l’aumento dell’appetito;
  • Diarrea o defecazione frequente;
  • Tachicardia, aritmia o palpitazioni;
  • Nelle donne, irregolarità del ciclo mestruale fino all’amenorrea;
  • Calo della libido e di fertilità;
  • Ingrossamento della ghiandola tiroidea (gozzo);
  • Ispessimento e rossore della pelle del dorso dei piedi e delle tibie (dermopatia di Graves);
  • Fragilità delle unghie con tendenza a fissurarsi (onicolisi)
  • Nei bambini, ritardi nella crescita, nello sviluppo e nella pubertà.

Fra le complicanze dovute al morbo di Basedow-Graves vi è il cosiddetto esoftalmo o oftalmopatia di Graves, una condizione che porta gli occhi a protrarsi verso l’esterno e le palpebre ad ingrossarsi.

Oltre all’irritazione e alla secchezza degli occhi, la condizione può portare ad alterazioni della vista o altre complicazioni più gravi come il danneggiamento della cornea o del nervo ottico, con la conseguente perdita della vista.

Inoltre, se non curata appropriatamente, l’esposizione prolungata ad eccessive quantità di ormoni tiroidei può portare allo sviluppo dell’osteoporosi.

Infine, se non tenuta sotto controllo, la malattia può causare un improvviso aumento degli ormoni tiroidei scatenando una “tempesta tiroidea” che può risultare letale.

Come viene effettuata la diagnosi?

Il medico a cui fare riferimento per la diagnosi della malattia di Graves è l’endocrinologo, che sottoporrà il paziente ad un accurato esame clinico ricercando i sintomi della malattia e i fattori di rischio elencati precedentemente.

Successivamente, risulterà di fondamentale importanza misurare i livelli degli ormoni TSH (ormone stimolante la tiroide), T3 e T4 (ormoni tiroidei) presenti nel sangue.

In genere, i pazienti affetti dal morbo di Graves hanno valori inferiori alla norma di TSH e livelli più elevati di T3 e T4.

Il medico inoltre provvederà a verificare l’eventuale presenza degli anticorpi TSI e TRAb nel sangue.

In caso di responso positivo, la diagnosi è confermata senza la necessità di ulteriori esami.

Un risultato negativo, invece, potrebbe indicare che la causa dell’ipertiroidismo non sia la malattia di Graves anche se, in alcuni casi può capitare che il risultato sia negativo anche in soggetti affetti dal morbo.

Un’ecografia della ghiandola tramite ecocolordoppler potrebbe essere richiesta per misurare la dimensione, osservare la forma e la vascolarizzazione della tiroide.

Questa è una valida alternativa alla captazione dello iodio radioattivo (RAIU), un test in cui viene somministrata al paziente una capsula o una bevanda contenente una piccola quantità di iodio radioattivo e, successivamente, viene misurata la quantità di iodio assorbita dalla ghiandola tiroidea grazie ad uno strumento chiamato scanner.

Sebbene questo test risulti particolarmente utile nei casi in cui siano presenti dei noduli alla tiroide, per ovvi motivi è controindicato nelle donne in gravidanza, per le quali si tende a ricorrere all’ecografia.

Trattamenti possibili della malattia

Gli scopi principali del trattamento sono quelli di inibire l’eccessiva produzione degli ormoni tiroidei e ridurre ed attenuare la gravità dei sintomi.

Sono possibili tre tipi di strategie terapeutiche:

  • Terapia con radioiodio;
  • Somministrazione di specifici farmaci;
  • Trattamento chirurgico della ghiandola tiroidea.

La terapia con radioiodio consiste nella somministrazione per via orale di abbondanti dosi di iodio radioattivo (iodio-131) con lo scopo di danneggiare la maggior parte della ghiandola tiroidea, riducendo così i livelli ormonali e, di conseguenza, eliminando i sintomi dell’ipertiroidismo.

La terapia può anche non risultare efficace immediatamente e protrarsi per settimane o mesi.

Coloro che si sottopongono a questo tipo di terapia possono sviluppare, anche dopo molti anni, una riduzione della funzionalità tiroidea (ipotiroidismo), che dovrà essere trattato con ormoni tiroidei sintetici.

La somministrazione di farmaci antitiroidei risulta utile a ridurre la produzione degli ormoni della tiroide e vengono prescritti per periodi di tempo non più lunghi di 1-2 anni.

Alcuni pazienti tendono ad avere un’attività tiroidea nella norma anche dopo la sospensione dei farmaci anche se, nella maggior parte dei casi, risultano necessari ulteriori trattamenti.

I beta-bloccanti aiutano a ridurre i sintomi causati dall’ipertiroidismo, tenendo sotto controllo la tachicardia, l’ansia e l’irrequietezza.

Tuttavia, possono essere utilizzati per un tempo limitato, in attesa di soluzioni più appropriate.

Con il trattamento chirurgico la maggior parte della ghiandola tiroidea viene rimossa, il che porterà alla necessità di sopperire alla carenza ormonale attraverso una terapia sostitutiva.

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Fonte dell’articolo

Pagine Bianche

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