Malattie sessualmente trasmissibili: la Clamidia

La Clamidia è tra le malattie a trasmissione sessuale più diffusa. Secondo l’ultima indagine condotta dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità), tra il 2008 e il 2017 i casi in Italia sono triplicati

I centri clinici del Sistema di sorveglianza, tra il 1991 e il 2017, hanno registrato 8.313 nuovi casi di infezione: il 52,9% riguardava uomini eterosessuali, il 17,5% uomini omosessuali, il 29,6% donne.

Nel solo 2017 i casi rilevati sono stati 599, pari al 9,4% delle malattie a trasmissione sessuale

L’età più colpita è la fascia tra i 15 e i 24 anni (8,6%), seguita dalle fascia 25-34 anni (3,8%).

Le donne straniere sono risultate più colpite dalla infezione di Clamidia rispetto alle italiane, mentre tra gli uomini la maggior parte dei casi è stata registrata tra chi negli ultimi sei mesi aveva avuto più partner sessuali.

Causata dal batterio intracellulare obbligato Chlamydia Trachomatis, si trasmette attraverso rapporti sessuali vaginali, anali e orali. Spesso asintomatica, se non trattata può causare una malattia infiammatoria pelvica che – nel 10-20% dei casi – può portare alla sterilità.

Clamidia, che cos’è e come si trasmette?

La clamidia è una malattia infettiva che colpisce prevalentemente gli adolescenti e i giovani adulti, e che si trasmette prevalentemente attraverso rapporti sessuali non protetti (sebbene sia possibile anche il contagio materno-fetale).

Secondo le stime dell’OMS, ogni anno 131 milioni di persone nel mondo la contraggono.

Causata dal batterio Chlamydia Trachomatis, la clamidia ha manifestazioni cliniche molto lievi: solamente nel 10% dei casi viene diagnosticata, in quanto generalmente la persona affetta non presenta sintomi o li presenta in modo molto leggero.

Per questo motivo viene definita una patologia “silenziosa”. Tuttavia, mentre nell’uomo le conseguenze gravi sono rare, nella donna non è così e può addirittura sfociare nella sterilità.

Non esiste un solo tipo di clamidia. Esistono anzi diverse varianti sierologiche:

  • L1 L2 e L3 sono associate al linfogranuloma venereo;
  • A, B, Ba e C sono associate al tracoma;
  • D, E, F, G, H, I, J e K sono associate a forme di congiuntivite, infezione genitale e polmonite del neonato.

Il linfogranuloma venereo

Causato da alcuni sierotipi della Chlamydia Trachomatis, il linfogranuloma venereo si manifesta dopo 3-21 giorni dalla contrazione dell’infezione.

Inizialmente colpisce la sede d’ingresso del batterio (vagina, vulva, glande, retto), per poi diffondersi ai linfonodi inguinali che si gonfiano e diventano dolenti.

Tra i sintomi tipici vi sono la febbre, la cefalea e i dolori addominali.

Curabile con gli antibiotici, se non trattato può causare una difficoltà nel drenaggio linfatico con conseguente gonfiore permanente ai genitali e restringimento dell’uretra e dell’ano.

Sono in genere tre, le sue fasi evolutive:

  • ulcera nella sede di inoculo, priva di conseguenze;
  • adenopatia satellite, inguino-crurale o ano-rettale, con febbre, cefalea e artralgie;
  • linfagine cronica progressiva, che può causare danni irreversibili.

Il tracoma

Malattia infettiva a carico degli occhi, il tracoma si verifica quando la Chlamydia Trachomatis si localizza nella mucosa della congiuntiva.

Chi ne è affetto avverte una sensazione di prurito a carico degli occhi e delle palpebre e, talvolta, dolore oculare e un offuscamento della vista.

Altamente contagiosa, la patologia si trasmette per contatto con palpebre, occhi, secrezioni oculari, naso e gola (ad esempio, per uno scambio di asciugamani o di fazzoletti), ma può anche essere trasmessa dalle mosche.

Se non trattata, può portare alla cecità.

La prima causa di trasmissione della clamidia sono i rapporti sessuali non protetti

Una persona infetta può infettare un partner sano per via della trasmissione dei fluidi biologici, anche per via indiretta: sono dunque a rischio i rapporti vaginali, orali e anali, ma si può contrarre la patologia anche attraverso il petting, lo scambio di giocattoli sessuali e (sebbene l’eventualità sia molto rara) nelle toilette pubbliche, e non è ovviamente necessario che la persona con cui si ha un approccio intimo raggiunga l’orgasmo per ammalarsi a propria volta.

Il contagio è inoltre possibile per via materno-fetale: la donna incinta può contagiare il figlio all’atto del parto, mentre più rari sono i casi di contagio al feto durante il periodo gravidico (casi, questi, che aumentano il rischio di aborto e di parto pre-termine).

In caso ad essere contagiato da Clamidia sia un neonato, le manifestazioni più comuni sono la congiuntivite, l’artrite settica (infezione batterica a carico di un’articolazione, che può provocare un essudato purulento nello spazio articolare) e la polmonite.

Non vi è invece alcun rischio di contrarre l’infezione tramite saliva.

Clamidia: quali sintomi presenta?

L’ infezione da Clamidia è nella maggior parte dei casi asintomatica: il 70-80% delle donne che la contrae non avverte sintomi (negli uomini la percentuale di asintomatici è del 50%).

Le eventuali manifestazioni cliniche si possono manifestare 1-3 settimane dopo il contagio (durante tale periodo di incubazione, il soggetto può facilmente infettare altre persone).

I soggetti più a rischio sono i giovani, dall’inizio dell’attività sessuale e fino ai 30-35 anni.

Soprattutto, rischia di contrarla chi ha molti partner sessuali, chi non usa il profilattico e chi ha già (o ha già avuto) altre malattie a trasmissione sessuale.

Spesso, i sintomi della clamidia sono assenti o vaghi: possono essere confusi con i sintomi dell’uretrite o della cistite, o della leucorrea nelle donne.

Oppure, possono essere minimizzati come tipici di una banale irritazione alle parti intime.

Quando presenti, nell’uomo possono comprendere febbre, dolore al testicolo, prurito e perdite dal pene; nelle donne, i sintomi tipici sono:

  • bruciore e prurito intimo
  • sensazione di irritazione
  • perdite abbondanti bianco-giallastre
  • minzione frequente
  • urine più scure
  • emissione di urina difficoltosa, lenta e dolorosa
  • nausea
  • dolore al basso addome, che si irradia alla schiena
  • febbre
  • perdite di sangue
  • dolore durante i rapporti sessuali

Se trasmessa attraverso un rapporto orale, la clamidia può causare un’infezione alla gola; se trasmessa per via anale, può provocare un’infezione del retto con dolori, sanguinamento e perdite muco-purulente.

L’infezione da Clamidia alla gola si manifesta in genere con mal di gola e disfagia; l’infezione a livello anale con dolore, perdite e spasmi anali.

Se c’è impegno oculare, il paziente lamenta le tipiche manifestazioni della congiuntivite (arrossamento, dolore, secrezioni); l’infezione da Clamidia del neonato è tra le principali cause di congiuntivite neonatale ma può anche sfociare in una polmonite o in gravi infezioni alle orecchie.

Clamidia: le complicanze

Se non trattata, questo tipo di infezione può dare luogo a spiacevoli (e talvolta gravi) complicanze, specialmente nelle donne.

Le forme più gravi possono dare origine alla sindrome di Reiter, che in genere si risolve in pochi mesi ma che – in alcuni pazienti – dà luogo a numerose recidive nel corso degli anni.

Caratterizzata da una triade di processi infiammatori (artrite, congiuntivite, uretrite), e chiamata anche “artrite reattiva” quando l’infiammazione si ferma alle articolazioni, ma in genere riguarda – oltre a queste – anche gli occhi e l’uretra.

Diagnosticata attraverso esami del sangue e test radiologici, ha tempi di guarigione compresi tra i 3 e i 12 mesi e può essere curata con:

  • FANS
  • corticosteroidi (qualora i FANS non facessero effetto)
  • antireumatici
  • antibiotici

Nelle donne, la clamidia può inoltre diffondersi alla cervice e all’utero, passando (e causando infiammazioni localizzate) dalle tube di Falloppio e dalle ovaie.

Se questo accade, la paziente incorre in una malattia infiammatoria pelvica (PID) che ha tra i suoi sintomi tipici:

  • dolore addominale, alla schiena, all’ombelico, alle ovaie
  • astenia (stanchezza, debolezza o mancanza di energia)
  • dismenorrea
  • dolore pelvico
  • dolore durante i rapporti sessuali
  • febbre
  • mal di schiena
  • iridodonesi (tremolio dell’iride che compare quando si muove l’occhio)
  • prurito e sanguinamento vaginale
  • metrorragia (sanguinamento anomalo dell’utero, in periodo non mestruale)
  • vaginismo
  • secrezioni vaginali maleodoranti

Se non curata, la malattia infiammatoria pelvica tende a cronicizzarsi.

E può causare anche infertilità, sterilità e il rischio di gravidanze extrauterine.

Negli uomini, l’infezione può estendersi invece alla prostata, agli epididimi e alle vescichette seminali, sfociando in prostatite, epididimite e vasculite (condizioni, queste, che in rari casi conducono alla sterilità).

Clamidia, diagnosi e cura

I test di riferimento per la diagnosi della infezione da Clamidia sono i test di laboratorio molecolari basati sull’amplificazione degli acidi nucleici su tampone di materiale biologico.

Tuttavia, il medico può prescrivere anche esami colturali e test specifici a partire da campioni di urina oppure da tamponi vaginali, rettali, uretrali, congiuntivali e urali.

Se il paziente risulta affetto da clamidia, viene in genere consigliato anche il test sierologico per l’HIV.

L’infezione viene curata con una terapia antibiotica, su prescrizione del medico curante.

Questa viene stabilita analizzando i risultati dell’antibiogramma, che consente di valutare la risposta del batterio ai vari antibiotici così da individuare il farmaco più efficace.

In genere si impiegano l’azitromicina o la doxiciclina, ma è possibile che il medico prescriva anche amoxicillina, eritromicina, tetraciclina o ofloxacina, sempre per via orale.

Dopo 3 mesi dal trattamento, il test viene ripetuto (dopo 4 settimane se la paziente è una donna in stato di gravidanza).

Il trattamento deve essere esteso anche ai partner sessuali avuti nei 60 giorni precedenti la diagnosi di infezione, ed è fondamentale astenersi dai rapporti fino alla totale guarigione.

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