Forame ovale pervio: quando, come e perché diagnosticarlo

La ricerca del forame ovale pervio in determinati scenari clinici e la correzione del difetto permette di prevenire gli ictus cerebrali

Il forame ovale pervio, più comunemente conosciuto con l’acronimo di FOP o PFO (dall’inglese, “patent foramen ovale”), è l’anomalia cardiaca congenita più frequente dell’adulto, essendo presente nel 20-34% della popolazione.

Nella stragrande maggioranza delle persone tale difetto è un riscontro del tutto benigno, senza determinare sintomi o disturbi specifici.

Ciononostante in alcuni pazienti può determinare ischemie cerebrali ed embolizzazioni sistemiche, permettendo il transito di emboli dal circolo venoso a quello arterioso.

Molti studi clinici sono stati condotti per cercare di capire come e quando indagare la presenza di tale anomalia e quali pazienti beneficiassero maggiormente del suo trattamento.

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Cos’è il forame ovale pervio?

Il forame ovale pervio non è altro che la persistenza di una comunicazione tra atrio destro e sinistro che permette, durante la vita fetale, il diretto passaggio di sangue ossigenato nelle camere cardiache di sinistra.

Nelle prime fasi post-partum il forame ovale si chiude funzionalmente, per poi sigillarsi completamente nei mesi successivi.

Nella popolazione affetta da FOP tale fenomeno non giunge a completa maturazione e permane tale comunicazione.

Sebbene a riposo non si verifichi il passaggio di sangue attraverso il FOP, in condizioni particolari come colpi di tosse, starnuti o forti sforzi fisici, l’aumento della pressione intratoracica favorisce la riapertura del tramite, permettendo il passaggio di sangue deossigenato dalle camere cardiache destre a quelle sinistre.

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Quando diagnosticare il FOP (Forame Ovale Pervio)?

Nel corso degli anni il FOP è stato associato a numerose condizioni cliniche.

Tuttavia proprio la sua elevata incidenza nella popolazione generale può rappresentare un fattore confondente e la sua presenza, associata a determinate patologie, anch’esse largamente diffuse nella popolazione generale, può essere puramente una casualità.

Le principali condizioni patologiche in cui è stato accertato il coinvolgimento del POF sono: l’ictus cerebrale criptogenico (così definito quando non si riesca ad individuare il “primum movens” dell’evento ischemico), l’embolia sistemica, l’emicrania con aura e la malattia da decompressione nei subacquei.

Tuttavia secondo le più recenti linee guida europee l’unica vera indicazione a diagnosticare e trattare il POF è l’ictus criptogenico.

Come diagnosticare il FOP?

Nell’iter diagnostico del forame ovale pervio, fondamentale è procedere con una ecografia cardiaca.

Tuttavia, spesso, è richiesto un approccio integrato e multidisciplinare per eseguire una diagnosi certa di forame ovale pervio e, soprattutto, individuare le caratteristiche principali dell’anomalia, permettendo di dare informazioni appropriate all’eventuale correzione del difetto.

In particolare, l’utilizzo combinato dell’ecocardiogramma e del Doppler trans-cranico mediante somministrazione di “microbolle” (soluzione salina miscelata che viene iniettata attraverso un accesso venoso periferico) è fortemente raccomandato per la diagnosi di FOP.

Infine è necessario completare lo studio del FOP con un ecocardiogramma trans-esofageo per sottolinearne le caratteristiche anatomiche, valutare la probabilità che lo stesso possa favorire eventi ischemici cerebrali e dare informazioni utili all’intervento di chiusura del difetto.

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Opportunità terapeutiche: la chiusura percutanea

Il forame ovale pervio può essere corretto mediante il posizionamento di specifici dispositivi protesici.

Attraverso la puntura di una vena periferica si inseriscono sonde che permettono di rilasciare il dispositivo di chiusura a ridosso del setto inter-atriale, chiudendo la soluzione di continuo tra atrio destro e sinistro.

L’intervento è eseguito in anestesia locale ed il dispositivo viene rilasciato sotto guida ecografica intracardiaca o trans-esofagea.

La procedura è caratterizzata da una elevata probabilità di successo e bassa incidenza di complicanze.

Solitamente la degenza ha una durata di circa 24-36 ore.

Tuttavia è bene precisare che l’intervento non ha come obiettivo il miglioramento sintomatologico del paziente, bensì azione preventiva, riducendo il rischio di recidive di ictus.

Il forame ovale pervio rappresenta, ancora oggi, una sfida per quel che riguarda la rilevanza clinica, la necessità di diagnosticarlo e di trattarlo

Solo recentemente le evidenze scientifiche hanno confermato che la correzione di tale difetto prevenga la ricorrenza di eventi ischemici cerebrali in pazienti con storia anamnestica positiva per ictus criptogenici.

Ancora, gli studi futuri chiariranno sicuramente il ruolo patogenetico del FOP in patologie come la cefalea con aura e la sindrome da decompressione, aprendo eventuali scenari diagnostico-terapeutici.

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Brugnoni

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