Infarto miocardico: cause, sintomi, diagnosi e trattamento

Quando comunemente si parla di infarto ci si riferisce alla necrosi del tessuto muscolare cardiaco, quindi, a livello medico, si parla di infarto miocardico

Quello che accade è un insufficiente apporto di ossigeno alle cellule che compongono una regione più o meno estesa del cuore, per cause molto varie.

Conosciuto anche come “attacco al cuore”, l’infarto miocardico è uno dei più gravi eventi cardiovascolari nei paesi Occidentali

A prescindere dalle cause che lo hanno provocato, durante un infarto il flusso di sangue diretto al muscolo cardiaco si blocca perché una o più arterie (le coronarie) sono ostruite.

Se non si interviene sul flusso sanguigno ripristinandolo in tempi brevi, la parte del cuore che ne è stata interessata si danneggia a causa della mancanza di ossigeno, per cui avviene la necrosi (comincia a morire).

L’infarto miocardico interessa il tessuto muscolare del cuore o miocardio, mentre quando il problema interessa il tessuto cerebrale si vai incontro a ictus ischemico.

Come individuare un infarto miocardico in corso?

Solitamente è preceduto da alcuni segnali di allarme che potremmo definire sintomi, ovvero:

  • dolore al petto: insorge quando il soggetto ha fatto uno sforzo, oppure sta provando una forte emozione improvvisa. Il dolore ha intensità variabile, è localizzato al centro del petto, dietro allo sterno e causa una sensazione di costrizione. Può anche provocare un dolore/bruciore che può allargarsi anche alla mascella, alle spalle, alle braccia, alle mani e alla schiena. La sua durata è variabile, può essere avvertito solo qualche minuto o protrarsi per più tempo ed essere accompagnato da una sensazione di forte affaticamento, nausea e sudorazione fredda;
  • dolori più localizzati: sensazione di bruciore o sensazione simile a cosa si prova con una ferita;
  • stordimento e capogiri.

Nelle donne i sintomi possono essere meno evidenti rispetto a quelli che si verificano negli uomini.

Questi sintomi possono presentarsi anche a riposo, o quando lo sforzo è già terminato, nel giro di pochi minuti oppure in modo sfumato nelle ore, o addirittura nei giorni, immediatamente precedenti l’infarto.

In molti confondono l’infarto miocardico con l’arresto cardiaco.

Non sono la stessa cosa: l’infarto del miocardio potrebbe causare l’arresto cardiaco, ma non ne è l’unica causa ed un infarto miocardico non determina necessariamente l’arresto cardiaco.

Cause

L’infarto miocardico è causato dall’aterosclerosi, una malattia che insorge a seguito dell’accumulo di grasso lungo le pareti delle arterie coronarie che nel tempo arriva a formare una vera e propria placca aterosclerotica.

Queste placche, durante un infarto, si rompono e ne consegue la formazione di un coagulo di sangue le cui dimensioni possono andare a bloccare il flusso di sangue che passa attraverso l’arteria.

Vi è quindi un’occlusione parziale o totale di un’arteria coronarica.

In rari casi l’infarto è la conseguenza di una malformazione delle coronarie o dello scollamento tra i foglietti della parete coronarica.

C’è poi da segnalare anche una forma di infarto miocardico più comune tra le donne, ovvero la sindrome di Takotsubo, un infarto miocardico dell’apice causato da un intenso stress emotivo.

Il muscolo cardiaco non si contrae, le coronarie sono indenni da restringimenti o da occlusioni ma il cuore tende ad assumere un aspetto che ricorda il tipico cestello utilizzato dai pescatori giapponesi, da cui prende il nome di questo infarto.

Diagnosi

Nel caso in cui un infarto miocardico sia preceduto da diversi giorni di sintomi lievi ma comunque preoccupanti, bisogna richiedere una visita al proprio medico.

Durante l’anamnesi il medico indaga sui sintomi rilevati dal paziente e potrebbe prescrivere degli esami in urgenza per indagare la probabilità che si verifichi a breve un infarto miocardico.

La diagnosi, oltre a prendere in considerazione sintomi, storia medica personale e familiare, considera quindi i risultati dei test diagnostici che comprendono:

  • elettrocardiogramma (ECG), con il quale è possibile individuare alcuni cambiamenti nell’aspetto delle onde elettriche dell’ECG o battiti cardiaci anomali (aritmie);
  • analisi del sangue che indagano il livello di alcune particolari proteine rilasciate dal cuore, gli enzimi cardiaci (le troponine, le CK o CK-MB);
  • angiografia coronarica, un esame speciale a raggi X del cuore e dei vasi sanguigni, che individua le ostruzioni nelle arterie coronarie.

Fattori di rischio e complicanze dell’infarto miocardico

Sono stati individuati dei fattori di rischio per l’aterosclerosi, alcuni modificabili altri non.

Tra i fattori non modificabili, quegli elementi cioè su cui non possiamo fare nulla per prevenire un infarto, ci sono:

  • età: il rischio di infarto, come avviene per quasi tutte le patologie cardiovascolari, aumenta con l’età;
  • sesso: l’aterosclerosi e l’infarto sono più comuni negli uomini, almeno fino alla menopausa femminile, dopo la quale il rischio di aterosclerosi e infarto è analogo a quello degli uomini;
  • familiarità: i soggetti che hanno in famiglia parenti che hanno sofferto di infarto, soprattutto in giovane età, sono maggiormente a rischio di infarto a loro volta.

I fattori modificabili, ovvero aspetti della nostra vita su cui è possibile intervenire per abbassare le probabilità di infarto, sono:

  • stile di vita: vita e/o lavoro sedentario e fumo di tabacco sono fra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare;
  • alimentazione: una dieta che comprende troppe calorie e grassi contribuisce ad aumentare il livello di colesterolo e di altri grassi nel sangue;
  • ipertensione arteriosa: la “pressione alta” interessa una larga percentuale della popolazione di età superiore ai 50 anni;
  • diabete: l’eccesso di glucosio nel sangue danneggia le arterie e favorisce l’infarto miocardico;
  • droghe: possono può aumentare notevolmente la possibilità di infarto miocardico e rappresentano la causa più comune tra soggetti di età più giovane.

Dal momento che l’infarto miocardico ha un tasso di mortalità molto alto, ammesso che non si intervenga per tempo, è necessario, qualora se ne avvertissero i classici sintomi, richiedere immediatamente soccorso e portare il paziente presso un ospedale dotato di personale competente e strumenti idonei a intervenire, nel più breve tempo possibile.

Le complicanze dell’infarto miocardico in fase acuta infatti possono essere

  • shock, bassa pressione arteriosa e tachicardia
  • edema polmonare acuto
  • aritmie, alcune delle quali potenzialmente fatali
  • ischemia di altri organi, per la scarsa capacità del cuore di pompare il sangue

Interventi

L’infarto resta oggi una malattia tanto più mortale quanto più tardivo è l’accesso del paziente con infarto miocardico acuto in ospedale.

Le prima ore sono infatti decisive per poter trattare tempestivamente le complicanze fatali come le aritmie gravi e per cominciare a somministrare i primi farmaci efficaci sul coagulo o trombo coronarico.

Una volta in ospedale, il primo obiettivo del trattamento dell’infarto miocardico è quello di tentare di riaprire la coronaria che si è occlusa sperando che il muscolo cardiaco non sia stato danneggiato in modo irreversibile.

Viene quindi introdotto un catetere dotato di palloncino gonfiabile all’apice che passa attraverso il coagulo presente nel punto di massimo restringimento della coronaria stessa e ne schiaccia le componenti sulle pareti (angioplastica coronarica).

Viene quindi posizionata una protesi a rete all’interno del vaso (stent) che contribuisce a mantenerlo aperto dopo la disostruzione.

Se l’angioplastica o lo stent sono soluzioni non percorribili per un paziente, ci sono dei farmaci che sono in grado di dissolvere il trombo dopo essere stati somministrati per via endovenosa (trombolitici) ma non sono adatti a tutti in quanto hanno importanti effetti collaterali, come l’insorgenza di emorragie anche gravi.

Altri farmaci, tra cui gli anticoagulanti, gli antiaggreganti, i betabloccanti, gli ACE inibitori e le statine, sono quasi sempre prescritti ai pazienti colpiti da infarto miocardico, ma chiaramente il loro uso e dosaggio va valutato in base al livello di rischio emorragico del paziente, alla tolleranza individuale e alle controindicazioni che variano da persona a persona.

Infine, in tutti i casi in cui sia rilevata una malattia coronarica grave o estesa e in cui angioplastica coronarica e stent non siano possibili, si può ricorrere all’intervento di bypass coronarico che consiste nel creare chirurgicamente un canale di comunicazione fra l’aorta e la coronaria ostruita usando altre arterie o vene.

Prevenire un infarto miocardico

L’unico modo per prevenire un infarto è intervenire sui fattori di rischio modificabili, anche se non c’è mai certezza assoluta che un corretto stile di vita possa prevenire al 100% questa eventualità.

Tuttavia, smettere di fumare e condurre una vita attiva, facendo regolarmente almeno 20-30 minuti di attività fisica al giorno, è sicuramente un consiglio da seguire per prevenire i problemi cardiovascolari e per tutelare la propria salute.

Così come un’alimentazione sana ed equilibrata ha una grande valenza in termini di prevenzione delle malattie cardiovascolari: bisogna evitare cibi conditi o fritti, non eccedere con alcool (limitandosi a un bicchiere di vino al pasto al giorno) e dolci.

Meglio preferire i grassi vegetali e i pasti a base di verdure, fibre, carni magre e pesce.

Legato all’alimentazione, anche il controllo del peso è importante: bisogna raggiungere un valore che sia nella norma per età e sesso del soggetto.

Non si tratta però solo di peso corporeo in termini assoluti, ma anche di controllare l’indice di massa corporea o BMI, unità di volume i cui valori considerati normali sono stati condivisi dalla comunità scientifica internazionale.

Infine, è necessario tenere a bada la pressione alta.

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